Se si “misura” la vita, c’è sempre qualcuno che le dà un “prezzo” e la mette sul “mercato”.
La “normalizzazione” della morte nell’organizzazione sociale e statale.
Provano a far vincere la vita anche se la morte li ha sottomessi. Sono centinaia in Italia i gruppi, le associazioni, le iniziative, le esperienze di volontariato sociale ed ecclesiale che mamme e papà hanno attivati “in nome del figlio” perduto e che generano vita, spesso portando proprio quel nome.
Sopravvivere a colui che si è generato è talmente innaturale da compromettere la vita stessa di un padre o di una madre che hanno visto morire un figlio.
Subito, la morte si impossessa anche della vita dei genitori “orfani”, la svuota di senso, la inchioda alla croce del rimpianto straziante per quello che avrebbe dovuto essere e non è stato; non sarà mai più. È irrepetibile la vita.
Col tempo, sono molti i genitori che riescono ad innalzare proprio quella croce. Provano a far diventare realtà per altri ragazzi la vita che avrebbe dovuto essere per il loro figlio. Alzano quella croce come “segnale” che fermi altre morti giovanili. Ci sono mamme e papà che fanno un’unica croce delle loro vite annichilite e la portano insieme, “non per cercare la morte, ma per incontrare le resurrezione”, è la confidenza di una di queste coppie “orfane”.
La normalizzazione della morte
La morte non abbandonerà mai questi genitori, ma intanto la vita di altre persone è più solida, più protetta, più condivisa, più sicura; è più vita. È uno dei modi con cui la forza della vita ci sorprende.
Senza averlo programmato, anzi avendo spesso chiesto ragione a Dio della loro disgrazia, questi genitori sono doloranti profeti della vita in una società che invece sembra accettare la morte come una “normale” alternativa alla vita.
La banalizzazione della morte è una tendenza così diffusa che Papa Francesco ha ritenuto di parlarne l’8 gennaio scorso con gli ambasciatori presso la Santa Sede da tutto il mondo: “In ogni momento della sua esistenza, la vita umana dev’essere preservata e tutelata, mentre constato con rammarico, specialmente in Occidente, il persistente diffondersi di una cultura della morte, che, in nome di una finta pietà, scarta bambini, anziani e malati”.
La “normalizzazione” della morte non sta avvenendo solo nell’organizzazione sociale e statale. La tendenza si diffonde nelle singole persone e le porta a prevedere per sé forme di auto-soppressione volontaria come alternativa ad una vita difficile. Il suicidio assistito appare come un altro passo verso la “signoria” dell’uomo sulla creazione, compreso se stesso come individuo. Quanto meno, ha il sapore della libera scelta.
L’affermato giornalista “non capiva”
È un sapore. È individuale. La vita è però molto complessa e non è mai una condizione esclusivamente privata.
“Quando, poi, si stabilisce che qualcuno o qualcosa possieda la facoltà di decidere se e quando una vita abbia il diritto di esistere, arrogandosi per di più la potestà di porle fine o di considerarla una merce, risulta in seguito assai difficile individuare limiti certi, condivisi e invalicabili. Questi risultano alla fine arbitrari e meramente formali”.
Lo hanno constatato i vescovi italiani nel loro messaggio per l’annuale Giornata per la Vita dello scorso 4 febbraio.
La pandemia del Covid avrebbe dovuto lasciare anche questa consapevolezza collettiva, assieme ad altre di natura sanitaria e di organizzazione del lavoro. Sono invece scivolate via dalla vita individuale e dalla memoria comune parole e scelte di quella tragedia; queste, ad esempio: “Non capisco proprio perché per salvare dei settuagenari od ottuagenari, in genere affetti da due o tre gravi patologie, sia bloccata la vita di intere generazioni a cui il Covid non poteva far nulla. Che muoia chi deve morire e smettiamola con questa tragica farsa”. Il 10 agosto 2021 Massimo Fini, affermato editorialista, le ha scritte su Il Fatto Quotidiano.
Se la vita si “misura”, c’è sempre qualcuno che le dà un “prezzo” e la mette sul “mercato”.
Siccome la realtà non poteva andare come “non capiva” l’affermato giornalista, proprio durante la pandemia è stata la forza della vita che ci ha sorpresi, motivando il lavoro eroico del personale sanitario, esigendo risposte scientifiche e farmaceutiche imprevedibili, creando solidarietà comunitarie (almeno nel tempo necessario).
18 febbraio 2024
In copertina
Profili velati dei genitori (fotografia di Angela Guarino, 2018, elaborazione grafica di Sabina Leoni). È l’immagine di testa del sito di Save the Parents, Associazione di Promozione Sociale finalizzata all’accoglienza e al sostegno dei genitori e delle famiglie che hanno perso un figlio per patologia cronica o acuta o per altro evento traumatico.