L’allargamento dell’Unione Europea non è un sostegno all’Ucraina.
L’Unione Europea è “solo” l’Unione Europea. Non è tutta l’Europa, non è stata costituita per esserlo, non ci sono le condizioni perché lo diventi. Intendo condizioni interne: l’Unione Europa cambierebbe la sua natura (e quindi le condizioni che la tengono insieme) e si tratterebbe di una perdita non solo per gli Stati membri dell’Unione, ma anche per i popoli che europei che sono ora fuori dall’Unione.
L’aggressione russa all’Ucraina sta alimentando una insistente campagna politica e mediatica che chiede l’allargamento rapido immediato all’Ucraina stessa; allargamento che per le motivazioni con cui è sostenuto non potrebbe esaurirsi a Kiev: dovrebbe riguardare necessariamente la Moldavia e la Georgia; ma a quel punto, come dire di noi ai sei Paesi dei Balcani occidentali (Macedonia del Nord, Montenegro, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Serbia e Kosovo) che sono già coinvolti a vario titolo nel processo per entrare nell’Ue?
Sul Sole24Ore di oggi Sergio Fabbrini così descrive la situazione.
Molti leader europei hanno accolto favorevolmente tale richiesta, ponendo come condizione preliminare di abolire il voto all’unanimità in alcuni ambiti della politica estera e di sicurezza (oltre che della politica fiscale). Tuttavia, anche con il voto a maggioranza, sarebbe difficile contrastare l’eventuale involuzione illiberale di Paesi non pienamente democratizzati, come è difficile farlo già ora con Paesi che sono membri dell’Ue (si pensi alla recente decisione del governo sovranista polacco di istituire una commissione per pre-esaminare i candidati che si presenteranno alle elezioni del prossimo ottobre, proprio come avviene a Teheran). L’allargamento risolve un problema (la sicurezza di quei Paesi), ma ne crea un altro (l’involuzione dell’Ue). Un bel dilemma.
Venerdì scorso il tema è stato affrontato anche su Avvenire da Stefano Fassina.
Quale Unione si avrebbe? L’Ue potrebbe ancora ambire a una qualche soggettività politica?
Inoltre, quali sarebbero gli effetti dell’ampliamento della competizione senza confini su lavoratrici, lavoratori e piccole imprese della “vecchia Europa”, già colpiti dal dumping sociale e fiscale indotto dal mercato unico europeo? (…) l’ingresso di Stati ancora più lontani dai “fondatori”, rispetto a quelli entrati nel 2004 e nel 2007, per cultura, identità, welfare, orientamento geo-politico consoliderebbe l’Unione Europea come enorme e feroce mercato unico tale da rendere impraticabile la maturazione di una soggettività politica autonoma. (…) Con la taglia extralarge, si sancisca la fine dell’Europa come potenzialità politica per creare un ordine internazionale multilaterale e cooperativo.
Comunità Europea prima e Unione Europea oggi hanno una funzione essenziale di riferimento politico. L’allargamento non è lo strumento adeguato per sostenere i diritti del popolo ucraino. Altre opzioni sono sul tavolo, ad esempio la Comunità Politica Europa nella quale entrino sia l’Unione sia i Paesi europei esterni all’Unione.
Insistere sull’allargamento significare fare il gioco proprio della Russia perché tra i danni collaterali dell’attuale guerra potrebbe esserci proprio la fine dell’Unione Europa come entità politica e quindi come riferimento di cultura e di valori anche per il popolo russo.
L’immagine (particolare) è di EC – Audiovisual Service