CARTOLINA / Martedì 18 luglio 2023
Se un grande teologo spiega che la conoscenza è dentro l’uomo.
Il mio professore di Filosofia al liceo “Tito Livio” di Padova era un neotomista.
San Tommaso d’Aquino era vissuto sette secoli e mezzo prima, ma per lui poteva essere una novità.
Per questo il professor Andrea M. Moschetti era capace di farne apprezzare la contemporaneità ai suoi studenti più giovani (ne aveva altri, “grandi”, alla Facoltà di Magistero del Bo, dove pure insegnava).
Non sembrava un teologo
Da quel monaco domenicano del Duecento, una delle intelligenze teologiche più acute nella storia della Chiesa, anche noi ragazzi abbiamo così saputo che la conoscenza è “adeguatio intellectus et rei”: latino d’obbligo al liceo classico, per dire: la conoscenza avviene con l’adeguamento della mente alle cose, cioè alla realtà.
Ai non molti liceali, cui (greco e latino, italiano e matematica) avanzava tempo per appassionarsi alla filosofia, piaceva l’idea che la conoscenza si realizza dentro l’uomo, perché il processo conoscitivo è assolutamente umano. Piaceva, anche perché ci sembrava fuori dai canoni, che a teorizzarlo fosse l’autore della Summa Teologica.
Tommaso d’Aquino, come molti rivoluzionari, ci metteva in discussione e quindi suggeriva una strada culturale.
Il Triennio tomista
Lo aveva già fatto con la sua Chiesa, che gli riconobbe il carisma di guida e il 18 luglio 1323 lo proclamò santo.
Giusto settecento anni dopo la sua canonizzazione è celebrata nell’Abbazia di Fossanova (Latina), dove il Doctor Angelicus morì nel 1274. L’abbazia merita in se stessa una vbisita. L’anno prossimo saranno quindi i 750 anni dalla sua morte: un altro anniversario. L’anno dopo, nel 2025, saranno 800 anni dalla sua nascita.
Un vero è proprio Triennio tomista, dunque, durante il quale non solo onorare un santo, ma cercare personalmente e comunitariamente la conoscenza. Come ci ha insegnato al “Tito Livio” di Padova.