Rischi per le famiglie venete se le Ulss perdono una “s”

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La Regione ha finalmente cominciato a pensare agli ATS, Ambiti Territoriali Sociali.

Era ora, ma bisogna fare attenzione: il cambiamento non è per niente tecnico.

ATS diventerà per i cittadini veneti una sigla conosciuta (e usata) come ULSS? Quando finalmente gli ATS saranno attivi, le ULSS venete perderanno una “S”?

Gli Ambiti Territoriali Sociali sono stati attivi da anni in molte altre regioni. In Veneto sono al momento una previsione legislativa e un percorso di due anni per arrivare alla vita delle persone. Il fatto, però, che fin da questa fase di passaggio generino domande che riguardano la totalità della popolazione evidenzia la necessità di una diffusione di conoscenza tra i cittadini.

Bene fa, dunque, il Partito Democratico a parlarne. Lunedì 24 luglio i consiglieri regionali del PD, su iniziativa di Anna Maria Bigon, ne hanno organizzato un’illustrazione sulla piattaforma Zoom. Questa la motivazione: “Gli Ambiti Territoriali Sociali sono forme di aggregazione intercomunali che hanno il compito di pianificare e programmare i servizi sociali. Dall’esame della proposta di legge della Giunta emerge in modo chiaro l’indirizzo della Regione nel voler privatizzare tutto un sistema di erogazione dei livelli essenziali di prestazione”.

Qualche settimana fa analoga iniziativa è stata promossa dal Gruppo consiliare del Partito Democratico del Comune di Padova, su iniziativa della consigliera Anna Barzon.

Cosa sono gli Ambiti Territoriali Sociali

Gli Ambiti territoriali sociali saranno anche in Veneto la struttura sovracomunale dei servizi assistenziali e sociali. Avranno una propria personalità giuridica, una propria organizzazione e una autonomia di bilancio.

Opereranno secondo le scelte e per conto delle amministrazioni comunali. La legge nazionale che li ha istituiti (era l’anno Duemila, 23 anni fa) conferma, infatti, che è il Comune il “luogo” nel quale la Repubblica si fa carico di debolezze e diseguaglianze delle persone, fornendo i necessari servizi sociali.

È un orientamento che lo Stato conferma negli anni. Fra gli atti più recenti è la scelta contenuta nel Piano nazionale di ripresa e resilienza: lo Stato fa degli ATS lo strumento attraverso il quale passano gli interventi nazionali su qualità della vita, contrasto delle condizioni di svantaggio e di vulnerabilità delle persone, pari opportunità e non discriminazione; insomma, tutti gli interventi riassunti nell’acronimo LEPS, i Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali.

Significa che le persone che vivono in Veneto avranno come punto di riferimento il rispettivo ATS per ogni esigenza di natura sociale: riferimento con cui confrontare il proprio bisogno e da cui avere risposta al bisogno.

Attenzione alla proposta della Giunta regionale

Stretta tra competenza regionale e necessità di non perdere i finanziamenti statali, la Regione Veneto ha finalmente “ceduto”. Nell’aprile di quest’anno la Giunta regionale ha presentato un disegno di legge dal titolo “Assetto organizzativo e pianificatorio degli interventi e servizi sociali”. Lo sta esaminando la quinta Commissione del Consiglio regionale.

I punti cui dedicare attenzione sono molteplici: la dimensione, il finanziamento della struttura e quello delle attività, la natura giuridica dell’organismo, le modalità di rappresentanza delle amministrazioni comunali.

Per fare un solo esempio, sono sette le forme associative con cui dare natura giuridica ai futuri Ambiti Territoriali Sociali: la Convenzione, l’Unione dei Comuni, la Comunità montana, il Consorzio, l’Istituzione, l’Azienda speciale-consortile, l’Azienda pubblica di servizi alla persona. E per qualcuna di queste forme ci sono delle varianti; ad esempio, l’Azienda speciale può essere pubblica o a partecipazione pubblica.

 Dalla natura giuridica dell’ATS dipenderà lo stato giuridico del personale.

La materia non è tecnica (come l’elenco che ho fatto potrebbe indurre a pensare). Richiede invece scelte politiche decisive per la vita delle persone destinatarie dei servizi sociali e delle persone cui questi servizi sono affidati.

Il modello dell’integrazione socio-sanitaria

È utile al riguardo qualche osservazione fatta ufficialmente dall’Ordine degli assistenti sociali del Veneto, le cui rappresentanti Mirella Zambello (presidente) e Franca Bonin (consigliera) sono state ascoltate dalla Commissione del consiglio regionale.

“Di fronte alla elevata complessità delle situazioni di disagio e fragilità nella nostra Regione, legata a fattori come il crescente divario socio-economico, l’invecchiamento della popolazione, le migrazioni, un disagio piscologico diffuso abbiamo sottolineato l’importanza di mantenere il modello virtuoso delle Ulss basato sull’integrazione socio-sanitaria. E abbiamo chiesto di individuare dei punti di contatto e di coordinamento tra gli ambiti, i comuni e le equipe integrate e multiprofessionali presenti nelle aziende Ulss del Veneto”.

Come esempio degli “effetti positivi dell’incrocio tra sociale e sanitario”, la presidente Mirella Zambello ha citato anchela rete dei servizi domiciliari alle persone anziane o disabili che, oltre a rispondere ai bisogni assistenziali di sollievo ai care givers, assumono rilevanza di monitoraggio sulla salute e sull’evoluzione dei livelli di autonomia delle persone”.

Già queste valutazioni e queste esperienze propongono alla Regione Veneto ed in particolare alla maggioranza leghista che la governa una scelta relativa all’integrazione socio-sanitaria che ha caratterizzato in passato le politiche regionali e la vita dei veneti e che con la presidenza di Luca Zaia si sta progressivamente diluendo.

Dal bilancio regionale al bilancio familiare?

Con la motivazione di dare centralità sociale agli ATS, sarà forte spinta, che verrà anche da alcuni settori della struttura sanitaria, a cancellare definitivamente la seconda “S” dalle Unità Locali Socio-Sanitarie del Veneto in modo da omologarle ad Aziende Sanitarie Locali.

Sostenendo di voler delimitare le “competenze”, potrà essere “automatico” per la Regione Veneto riservare esclusivamente al settore sanitario risorse finanziarie finora impiegate anche nel settore socio-sanitario: ciò a vantaggio del bilancio regionale e ad impoverimento dei bilanci dei Comuni, per niente strutturati dal punto di vista della leva fiscale ad incorporare altre spese.

La definizione delle spese tra Regione e Comuni sarà allora una finzione: in realtà altre spese di assistenza saranno messe a carico dei bilanci delle famiglie. Avviene già ora, mentre le ULSS hanno ancora la doppia “S”: la Regione Veneto non appiana adeguatamente le spese sanitarie sostenute per l’assistenza alla non-autosufficienza da età; la differenza finisce nelle rette delle case di riposo e quindi nei bilanci delle famiglie. Quando l’integrazione socio-sanitaria sarà cancellata anche formalmente, la vecchiaia tornerà a significare miseria.

Allarmismo? No.

Allarme? Sì.

La progettazione degli Ambiti Territoriali Sociali in Veneto ne tenga conto.

30 luglio 2023

Immagine di copertina

Particolare di illustrazione da Gruppo assembleare PD Regione Emilia-Romagna