Gli edifici dovranno consumare meno energia e produrre meno gas a effetto serra.
Anche il Parlamento europeo ha votato la sua posizione. Ora manca l’accordo con gli Stati.
È un testo ancora più stringente quello approvato il 14 marzo dal Parlamento europeo rispetto alla proposta della Commissione, riguardante la revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (cosiddetta case green). Ma non è ancora il testo finale, bensì il mandato per avviare i negoziati con il Consiglio, da cui uscirà la forma definitiva della normativa.
L’obiettivo della proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia è una sostanziale riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e del consumo energetico nel settore entro il 2030, al fine di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Nuovi edifici – A partire dal 2028 tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero (ZEB), e dovranno avere impianti solari fotovoltaici.
Gli edifici di proprietà pubblica avranno tali obblighi dal 2026.
Edifici esistenti residenziali – Entro il 2032 le abitazioni esistenti, se sottoposte a ristrutturazione, dovranno ottenere gli stessi requisiti di quelle nuove. Se non vengono ristrutturate, entro il 2030 devono comunque rientrare nella classe energetica E, e tre anni dopo, entro il 2033, entro la classe energetica D.
Se non rispettano queste norme, non potranno essere vendute o affittate.
Edifici esistenti non residenziali – Per gli edifici non residenziali e quelli pubblici il raggiungimento delle stesse classi dovrà avvenire rispettivamente entro il 2027 (E) e il 2030 (D).
Poiché la classificazione di efficienza energetica, che va dalla lettera A alla G, non è uguale in tutta Europa, è previsto che la classe G dovrà corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori in ogni Stato membro.
Deroghe – La nuova normativa non si applica ai monumenti, e i Paesi UE avranno la facoltà di escludere anche edifici protetti in virtù del loro particolare valore architettonico o storico, edifici tecnici, quelli utilizzati temporaneamente, chiese e luoghi di culto. Gli Stati membri potranno inoltre estendere le esenzioni anche a edifici dell’edilizia sociale pubblica in cui le ristrutturazioni comporterebbero aumenti degli affitti non compensati da maggiori risparmi sulle bollette energetiche.
Agli Stati membri sarà consentito, per una percentuale limitata di edifici, di adeguare i nuovi obiettivi in funzione della fattibilità economica e tecnica delle ristrutturazioni e della disponibilità di manodopera qualificata.
I finanziamenti – Questo è un punto poco chiaro. Già nel Considerando 49 bis è scritto: “Nell’esaminare le politiche di sostegno alle norme minime di prestazione energetica, è opportuno prestare particolare attenzione alle famiglie vulnerabili, in particolare a quelle la cui sicurezza abitativa potrebbe essere messa a rischio o a quelle soggette a costi energetici elevati che non hanno i mezzi per ristrutturare l’edificio che occupano. Gli Stati membri dovrebbero fornire garanzie a livello nazionale, come i meccanismi di sostegno sociale“.
Ma è l’articolo 15 sugli incentivi finanziari che si occupa dell’argomento senza peraltro chiarire chi, quando e come. Ecco alcuni passaggi: “Gli Stati membri predispongono finanziamenti e misure di sostegno consoni in combinazione con altri strumenti dell’Unione quali il dispositivo per la ripresa e la resilienza, il Fondo sociale per il clima e i fondi della politica di coesione.[…] Gli incentivi finanziari sotto forma di sovvenzioni o garanzie tengono conto di parametri basati sulle entrate nell’assegnazione del sostegno finanziario per assicurare che siano destinati in via prioritaria alle famiglie vulnerabili e alle persone che vivono in alloggi sociali. […] Gli Stati membri integrano la promozione di incentivi finanziari con politiche e misure volte a evitare gli sfratti per ristrutturazione“.
Sempre nell’articolo 15 è contenuta anche la disposizione che dal 1º gennaio 2024 gli Stati membri non offrono più incentivi finanziari per l’installazione di caldaie individuali che usano combustibili fossili, cioè a gas. Sono esclusi i sistemi ibridi (una caldaia a condensazione e una pompa di calore controllate da una centralina unica) e le caldaie certificate per funzionare con combustibili rinnovabili (come il biometano o l’idrogeno).
Entrata in vigore – Gli Stati membri devono recepire la direttiva così modificata entro due anni dalla sua entrata in vigore.
Per saperne di più
II testo approvato dal Parlamento europeo
Il Comunicato stampa del Parlamento europeo
Pagina sulla direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia
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La revisione della direttiva europea sulla prestazione energetica nell’edilizia