Fra un quarto di secolo l’Italia avrà otto milioni di abitanti in meno.
L’IA Generativa fornirà la totalità delle ore lavorate in un anno da 3,2 milioni di persone.
No bambini, no Italia. Non subito: ci sono due secoli per provare ad evitarlo.
“Se proiettiamo in avanti i livelli di fertilità di una donna, scesi del 65 per cento in cinquant’anni, e mettiamo assieme l’anagrafica dell’invecchiamento dell’Istat, scopriamo che l’ultimo figlio italiano nascerà nel 2225”.
L’avvertimento è di Valerio De Molli, che anticipa i contenuti della ricerca “La Rinascita: come invertire il trend demografico a beneficio del futuro del Paese”, che viene presentata domenica 3 settembre al Forum Ambrosetti di Cernobbio. La proiezione “è una provocazione, ma dà il senso dell’urgenza”, precisa De Molli, che il ceo di The European House-Ambrosetti.
A mettere fretta è del resto una proiezione molto più vicina, al 2020, domani nel calendario demografico: “Il numero degli italiani è destinato a scendere da 59 a 51 milioni con un impatto nel 2050 pari ad una perdita di un terzo del Pil, anticipa Valerio De Molli. E di nuovo avverte: “Se ipotizziamo i tassi di crescita del Pil previsti dal Mef al 2050 in uno scenario con circa 8 milioni di abitanti in meno, la produttività dovrebbe raddoppiare. È un obiettivo irraggiungibile”.
Compensato l’invecchiamento della popolazione
Serve “un profondo ridisegno del modello economico del Paese”, constata De Molli. E la ricerca della sua istituzione individua una quindicina di percorsi per superare la glaciazione demografica.
Nel frattempo bisognerà comunque attrezzarsi per l’inverno. E mentre l’intelligenza naturale sceglie le piste in mezzo al ghiacciaio e soprattutto decide di percorrerle, l’intelligenza artificiale può intanto fare da coperta.
Sempre al Forum Ambrosetti di Cernobbio venerdì 1 settembre The European House-Ambrosetti, questa volta in collaborazione con Microsoft Italia, ha presentato anche i risultati di un altro studio: “AI 4 Italy: impatti e prospettive dell’Intelligenza artificiale generativa per l’Italia e il Made in Italy”.
L’Italia ha bisogno dell’IA Generativa per sbloccare la produttività e contrastare gli effetti avversi di una popolazione che invecchia. Nel nostro Paese, l’IA Generativa può diventare la chiave per mantenere alto il livello di produttività e benessere in un contesto di crescente scarsità del talento e di generale invecchiamento della popolazione.
L’Italia entro il 2040 perderà infatti circa 3.7 milioni di occupati: un numero di lavoratori che, con gli attuali livelli di produttività, contribuiscono alla produzione di circa 267,8 miliardi di Valore Aggiunto. Le nuove tecnologie consentiranno di mantenere invariato lo stesso livello di benessere economico.
È questo il primo “messaggio chiave” che – secondo i ricercatori – emerge dallo studio.
Una prospettiva testata dalla ricerca
Il suo contenuto è rafforzato da un altro dei cinque messaggi chiave della ricerca.
La produttività del Sistema-Italia potrà aumentare fino al 18% grazie all’adozione di Intelligenza Artificiale Generativa.
L’IA Generativa è una tecnologia dalla portata rivoluzionaria che, nel nostro Paese, può generare, a parità di ore lavorate, fino a 312 miliardi di euro di valore aggiunto annuo, pari al 18% del PIL italiano. A parità invece di Valore Aggiunto generato, l’uso di strumenti di IA Generativa libererà un totale di 5,4 miliardi di ore che corrispondono, per fare esempi concreti, alla totalità delle ore lavorate in un anno da 3,2 milioni di persone.
Ecco la coperta per passare l’inverno demografico: avremo otto milioni di abitanti in meno, ma intanto disporremo della produzione di tre milioni e duecentomila lavoratori attraverso l’IA Generativa.
È una prospettiva che la ricerca ha ben presente. In effetti essa è contenuta anche nello studio sulla demografia che viene presentato domenica.
L’introduzione di robotica e IA può compensare la riduzione della forza lavoro dovuta all’invecchiamento della popolazione. Attraverso l’automazione di processi produttivi e l’implementazione di sistemi intelligenti, le aziende possono mantenere o addirittura aumentare la produttività nonostante una forza lavoro in diminuzione.
Inoltre la tecnologia può supportare i lavoratori anziani, consentendo loro di rimanere attivi sul mercato del lavoro per periodi più lunghi.
Un nuovo campo dell’etica per il nostro tempo: l’algoretica
La coperta contro l’inverno demografico rischia di diventare un comodo cappotto, dentro al quale non curarsi del freddo?
L’IA generativa pone diversi rischi etico-sociali: per questo è necessario sviluppare un approccio responsabile, caratterizzato da trasparenza, affidabilità, sicurezza ed equità.
Tra i messaggi chiave del rapporto realizzato da Microsoft Italia c’è anche questo.
È decisivo. Non solo con riferimento alla demografia e alla qualità dell’economia (italiana e globale), ma con riferimento all’umanità, cioè all’essenza delle persone.
Già quattro anni fa Papa Francesco ce ne aveva fatti avvertiti già quattro anni fa, introducendo un nuovo vocabolo: algoretica.
Faccio quindi appello agli ingegneri informatici, perché si sentano anch’essi responsabili in prima persona della costruzione del futuro. Tocca a loro, con il nostro appoggio, impegnarsi in uno sviluppo etico degli algoritmi, farsi promotori di un nuovo campo dell’etica per il nostro tempo: la algor-etica.
Era il 14 novembre 2019 e gli interlocutori erano i partecipanti al congresso “Child Dignity in the digital World”. Solo tre mesi dopo il Santo Padre precisa ancora meglio la prospettiva, alla quale richiama non solo gli ingegneri informatici.
Sono molte le competenze che intervengono nel processo di elaborazione degli apparati tecnologici (ricerca, progettazione, produzione, distribuzione, utilizzo individuale e collettivo), e ognuna comporta una specifica responsabilità. Si intravede una nuova frontiera che potremmo chiamare algor-etica.
Essa intende assicurare una verifica competente e condivisa dei processi secondo cui si integrano i rapporti tra gli esseri umani e le macchine nella nostra era.
L’ algor-etica potrà essere un ponte per far sì che i principi si inscrivano concretamente nelle tecnologie digitali, attraverso un effettivo dialogo transdisciplinare.
Nel momento presente, peraltro, sembra necessaria una riflessione aggiornata sui diritti e i doveri in questo ambito. Infatti, la profondità e l’accelerazione delle trasformazioni dell’era digitale sollevano inattese problematiche, che impongono nuove condizioni all’ethos individuale e collettivo.
L’ultima parola è sempre della persona umana
La consapevolezza si è fatta strada e sta orientando scelte formative e didattiche.
Alla Pontifica Università Gregoriana di Roma c’è un corso di Etica delle tecnologie. “Gli algoritmi lavorano si valori numerici. L’etica parla di valori morali. Dobbiamo stabilire un linguaggio che possa tradurre i valori morali in qualcosa di computabile per la macchina. Ma nel rapporto tra uomo e macchina, il vero conoscitore e portatore di valori è l’uomo”. È questa l’algoretica, nella definizione del docente del corso, padre Paolo Benanti.
L’Unione Europea, da parte sua, ha attivato a Macerata la cattedra “Jean Monnet Edit” in Etica per un’Europa Digitale Inclusiva, di cui è titolare la professoressa Benedetta Giovanola. Edit è l’unica cattedra Jean Monnet in tutta Europa ad essere dedicata all’etica dell’intelligenza artificiale. Si tratta di un importante incarico di insegnamento e ricerca ad alta specializzazione finanziato dalla Ue nell’ambito del programma Erasmus+ ed affidato all’Università di Macerata.
L’Università di Macerata è apprezzata per la sua specializzazione nelle scienze umanistiche e sociali che la contraddistingue rispetto ad altri atenei e proprio questa sua specializzazione l’ha favorita nella scelta europea. Gli studi umanistici stanno esprimendo un ruolo vitale nel preparare la comunità (quella scientifica e tecnica, ma anche quella sociale e politica) ad affrontare le potenzialità, le sfide e anche i rischi connessi all’intelligenza artificiale.
Esperti di sociologia e di filosofia, ad esempio, sono necessari per verificare che le risposte dell’Intelligenza artificiale non siano influenzate dai pregiudizi dei suoi addestratori. L’ultima parola è sempre della persona umana.
3 settembre 2023
Immagine di copertina
Democratic inputs to AI. Particolare dell’illustrazione di Justin Jay Wang per OpenAi