Prima che forma di governo è esperienza di comunità.
La Settimana sociale dei cattolici in Italia ne cerca speranze e paure.
È – anche – forma di governo. Sulla carta, la democrazia è, anzi, la forma migliore di governo che l’umanità abbia finora progettata e realizzata. San Giovanni Paolo II nell’enciclica Centesimus annus ne dà questa testimonianza: “La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico”.
Il capoverso successivo della Centesimus annus aggiunge… un’avvertenza: “Un’autentica democrazia è possibile solo in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana. Essa esige che si verifichino le condizioni necessarie per la promozione sia delle singole persone mediante l’educazione e la formazione ai veri ideali, sia della soggettività della società mediante la creazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilità”.
È – intrinsecamente – partecipazione. La democrazia è la personale e collettiva esperienza di comunità in cui tutti sono accolti e tutti sono partecipi. La democrazia vive e si rivitalizza soprattutto di questo. Ogni persona è il motore vitale, cioè il cuore della democrazia; lo è prima ancora di essere cittadino ed elettore.
Il nucleo della Dottrina sociale della Chiesa
L’originalità individuale e la centralità sociale della persona sono il nucleo della Dottrina sociale della Chiesa da Papa Leone XIII (Rerum novarum) a Papa Francesco (Fratelli tutti). È in questa continuità che alla democrazia è dedicata la 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia.
Il titolo definisce l’obiettivo dell’appuntamento: “Al cuore della Democrazia”, mentre il sottotitolo propone lo strumento non solo per arrivarci ma anche per mantenere vitale quel cuore: “Partecipare tra storia e futuro”.
Dal 3 al 7 luglio di quest’anno ad ospitare la cinquantesima edizione di un appuntamento nazionale che ha più di un secolo di vita, sarà la città di Trieste: come a Taranto nel 2021, ancora in una città di “incroci” di persone, di culture, di fedi; ancora una città aperta verso l’altrove rispetto ai propri confini.
A ribadire che questo è il “senso” di ritrovarsi a Trieste contribuisce una modifica lessicale nel nome di questo appuntamento consolidato della Chiesa italiana, ideato nel 1907 dal beato Giuseppe Toniolo con lo scopo di riflettere e formulare proposte concrete per un impegno dei cattolici nella società italiana.
Assieme a tutte le persone che vivono in Italia
Settimana sociale dei cattolici italiani era stata chiamata da Toniolo in poi. Quella di Trieste sarà per la prima volta la Settimana sociale dei cattolici in Italia: “In segno di apertura e di riconoscimento della presenza nel nostro Paese e nelle comunità cristiane di persone provenienti da tanti luoghi del mondo, da Paesi cristiani ma non solo, da Paesi in guerra, da Paesi dove la democrazia e i diritti umani sono negati”. Non è un ritocco lessicale, quindi, come spiega il testo-base della Settimana.
Mentre la Repubblica è frenata nel riconoscere la cittadinanza a chi ne fa parte e non solo non introduce lo jus soli, ma si tira indietro anche dall’utilizzare lo jus scholae o lo jus culturae, la Chiesa in Italia si arricchisce di tutte le persone che compongono la comunità, non per contrapposizione alle istituzioni, ma con la consapevolezza che questa è oggi l’Italia.
Da questa consapevolezza la Settimana sociale dei cattolici in Italia ha individuato il proprio obiettivo: “Vorremmo trovare al cuore della Democrazia: partecipazione e pace, lavoro e diritti, migrazioni e diritto ad una vita libera e dignitosa, ecologia integrale, un’economia che metta al centro l’uomo e la natura”.
“Al cuore” non c’è la struttura “formale” della democrazia, perché essa è funzione e non origine della partecipazione. “La democrazia – ha scritto il cardinale Matteo Zuppi – ha fatto da punto di incrocio di questioni epocali: quella sociale ed economica, quella culturale e quella più strettamente politica delle forme di organizzazione del potere”.
In continuità con il Cammino sinodale
A questo “incrocio” si sono dati appuntamento 1.500 delegati: 970 in rappresentanza delle diocesi italiane, 230 scelti dai movimenti laicali e poi studenti delle scuole di formazione sociopolitica, protagonisti di 150 “buone pratiche”, membri della Consulta dei giovani.
A Trieste non arriveranno a mani vuote. Da novembre è in corso nelle singole diocesi una “lettura” del proprio territorio alla quale stanno partecipando, tra gli altri, numerosi amministratori locali. Quasi dovunque questo percorso è continuazione del Cammino sinodale, nel corso del quale – in particolare con i Cantieri di Betania – le Chiese locali si sono interrogate ed hanno fatto strada insieme alle istituzioni democratiche e alle rappresentanze sociali.
Nel corso del Cammino sinodale i cattolici in Italia hanno provato a rinunciare alla “comodità del clericalismo”, come l’ha definita Papa Francesco in un’udienza all’Unione internazionale Superiori generali, e a non “lasciare fare” solo ai preti. Ora con la 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia provano a condividere questa scelta di corresponsabilità con l’intera comunità: la corresponsabilità che genera partecipazione attiva è decisiva per la democrazia in Italia, così come lo è nella Chiesa.
7 aprile 2024
In copertina
Dalla pagina di Graziano Delrio un’infografica sull’Italia inclusiva.