La Fondazione Zancan si ispira al “compito immenso” indicato nell’enciclica Pacem in terris.

Giovedì 21 marzo un convegno nell’anniversario della morte di mons. Giovanni Nervo.
Il proposito è di arrivare, animando il dialogo, ad “una costituente per innovare il welfare”. È un proposito impegnativo per la Fondazione Zancan di Padova; anzi è “un compito immenso”, mette come titolo al suo progetto la stessa Fondazione Zancan.
“Un compito immenso. Una costituente per innovare il welfare” diventa così il titolo del convegno organizzato dalla Zancan con la Diocesi di Padova e con il patrocinio della Facoltà Teologica del Triveneto giovedì 21 marzo dalle 14.30 alle 17.30 presso la Facoltà Teologica del Triveneto in via del Seminario 7 a Padova. Il 21 marzo è una data “esistenziale” per la Fondazione padovana, che anno dopo anno in questo giorno fa memoria della morte di don Giovanni Nervo e di Don Giuseppe Pasini. Alle ore 18 è prevista la celebrazione della santa Messa.
Sei riflessioni e prospettive
Il convegno ha la struttura di “riflessioni e prospettive in dialogo” e si articola in due sessioni.
La prima sessione è introdotta e coordinata da don Andrea Toniolo della Facoltà teologica del Triveneto. Tre sono i contributi: “Sentirsi piccoli per fare cose grandi” di mons. Claudio Cipolla, vescovo di Padova; “Innovazioni nell’economia sociale” di Gilberto Muraro, presidente della Fondazione Cariparo; “Diritti e doveri imperfetti” di Elena Vivaldi, docente alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Tre i contributi anche nella seconda sessione, che è introdotta e coordinata da don Antonio Cecconi dell’Arcidiocesi di Pisa e della Fondazione Zancan: “Ai più deboli serve un diritto gentile” di Maria Assunta Piccinni, docente all’Università di Padova; “Aiutare chi vive nelle frontiere esistenziali” di suor Albina Zandonà, della Fondazione Nervo-Pasini di Padova; “Povertà e disabilità: sussidiarietà, servizi, relazioni” di Massimo Maggio, dell’associazione milanese Cbm Italia.
Le conclusioni sono affidate a Tiziano Vecchiato, presidente della Fondazione Emanuela Zancan.
Nel sessantesimo della Fondazione Zancan
Compie sessant’anni la Fondazione. Un anno prima di quel 1964, nell’aprile del 1963, circa due mesi prima di morire, Papa Giovanni XXIII aveva firmato la Pacem in terris. È da quell’enciclica che è stato tratto il “compito immenso”, che dà il titolo al convegno del 21 marzo.
A tutti gli uomini di buona volontà spetta un compito immenso: il compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà: i rapporti della convivenza tra i singoli esseri umani; fra i cittadini e le rispettive comunità politiche; fra le stesse comunità politiche; fra individui, famiglie, corpi intermedi e comunità politiche da una parte e dall’altra la comunità mondiale. Compito nobilissimo quale è quello di attuare la vera pace nell’ordine stabilito da Dio (Pacem in terris, 87).
È Cinzia Canali, direttrice della Zancan, a commentare la scelta del titolo nell’invito al convegno.
Il titolo arriva dalla Pacem in terris, un grande testamento spirituale e sociale, in dialogo tra Vangelo e Costituzioni nazionali, intese come segni dei tempi. Sintetizza l’impegno di molte vite, quella di don Giovanni Nervo e molti altri, come don Giuseppe Pasini, che insieme hanno cercato di affrontare il “Compito immenso”. Su piccola scala, è anche il compito affidato alla Fondazione Emanuela Zancan nel 1964, un anno dopo la Pacem in terris. La Fondazione Zancan, a 60 anni dalla nascita, rilegge questo mandato in dialogo, per capire a che punto siamo come “socialità e paese”.
Il compito non è proprio facile
Il biglietto d’invito al convegno di giovedì 21 marzo si conclude con un richiamo al paragrafo successivo dell’enciclica Pacem in terris.
Certo, coloro che prestano la loro opera alla ricomposizione dei rapporti della vita sociale secondo i criteri sopra accennati non sono molti; ad essi vada il nostro paterno apprezzamento, il nostro pressante invito a perseverare nella loro opera con slancio sempre rinnovato. E ci conforta la speranza che il loro numero aumenti, soprattutto fra i credenti. È un imperativo del dovere; è un’esigenza dell’amore (Pacem in terris, 88).
Il Papa buono sapeva che non sarebbe stato facile assolvere a quel “compito immenso”. Non lo è nemmeno oggi.
DIARIO DI COMUNITÀ / GIOVEDÌ 21 MARZO 2024
In copertina
Il Papa san Giovanni XXIII firma l’enciclica Pacem in terris l’11 aprile 1963. Foto Vatican News.