Con la pace resiste la democrazia

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Lasciare che i profeti parlino al vento non mai ha portato bene.

L’ultimo cartello di pericolo per la Terza guerra mondiale?

Non rassegnarsi alla guerra: la Pasqua, quest’anno, è l’ultimo avviso per gli europei; proprio per noi persone europee, proprio per noi comunità di questo continente.

Nella Pasqua “il Signore, il Dio dell’impossibile” (così l’ha invocato Papa Francesco nella Veglia pasquale) rivela che c’è un’alternativa anche alla morte. C’è, dunque, un’alternativa alla guerra.

Dopo dieci anni, proprio in questo 2024 la Pasqua cristiana si celebra all’interno della settimana della Pesach, la solennità religiosa cara agli ebrei, e dentro il mese del Ramadan, il mese sacro per i musulmani. Le tre religioni abramitiche propongono ciascuna speranza e gioia. È certamente una coincidenza casuale; si può, però, vivere anche come un segno.

Si discute di economia di guerra

Un segno viene sognato dal cardinale Matteo Zuppi, presidente dei vescovi italiani, e lo condivide in un editoriale di Avvenire nel giorno di Pasqua.

“Pensate se tutti, ma proprio tutti, i cristiani del mondo, siano pure divisi su tutto il resto, e con loro gli uomini di buona volontà, il giorno di Pasqua potessero dire ad una sola voce e simultaneamente almeno questo: basta, la guerra non salva nulla e nessuno. La guerra distrugge tutto e tutti e non rinforza nessuna identità, nessuna convivenza, nessuna religione”.

Un gesto così farà diventare Pasqua (il giorno in cui si realizzerà. Mostrerà che in molti non si rassegnano alla guerra.

Se – invece – noi persone, noi comunità ci rassegniamo, la guerra non sarà più solo una notizia di “politica estera”. C’è già – infatti – tra i governanti chi dà per scontata l’ineluttabilità del conflitto ai nostri confini e un domani, magari pure dentro casa nostra. Nelle ultime settimane si è parlato, ufficialmente e non sui giornali e sui social, addirittura della necessità di un’economia di guerra in Europa, lasciando intendere che il conflitto è una prospettiva ineluttabile.

Governano “senza comprendere”

Succede così che “l’unica voce forte e decisiva sembra essere quella delle armi”, annota con amarezza – sempre su Avvenire nel giorno di Pasqua– il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini. E la tragedia attuale gli fa venire alla memoria il profeta Geremia, che seicento anni prima di Cristo lamentava: “Se esco in aperta campagna, ecco le vittime della spada; se entro nella città, ecco chi muore di fame. Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per la regione senza comprendere” (Ger. 14,18).

Anche oggi ci sono guide del popolo che governano “senza comprendere”.

“Qualcuno teorizza che è necessario far continuare la guerra, come se fosse la più normale delle realtà e se fosse l’unica forza, anzi la vera forza indispensabile per sopravvivere”, constata il cardinale Zuppi.

Anche oggi ci sono profeti come Geremia che non hanno timore di ripetere la verità. E, come testimonia la Bibbia, non hanno ascolto.

“Chi grida di fermare la guerra non solo non è ascoltato, viene anche irriso, come a dire che non si rende conto, che ha buone intenzioni ma fuori dal mondo. In ogni caso è un grido che si perde nel vuoto”, scrive sempre su Avvenire il cardinale Zuppi.

La concretezza disperata di altre parole

Papa Francesco, profeta, continua però a gridare. Lo ha fatto di nuovo prima della benedizione “Urbi et Orbi” nel giorno di Pasqua.

“La guerra è sempre un’assurdità, la guerra è sempre una sconfitta! Non lasciamo che venti di guerra sempre più forti spirino sull’Europa e sul Mediterraneo. Non si ceda alla logica delle armi e del riarmo. La pace non si costruisce mai con le armi, ma tendendo le mani e aprendo i cuori”.

Lasciare che i profeti parlino al vento non ha portato bene né al popolo ebraico dell’Antico Testamento né all’umanità contemporanea.

Le parole di Pasqua di Papa Francesco hanno la concretezza disperata di altre parole.

Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra. Ritornino gli uomini a comprendersi. Riprendano a trattare. Trattando con buona volontà e con rispetto dei reciproci diritti si accorgeranno che ai sinceri e fattivi negoziati non è mai precluso un onorevole successo”. 

Alle 19 di giovedì 24 agosto 1939 Papa Pio XII, attraverso la Radio Vaticana, rivolse questo accorato appello “ai governanti ed ai popoli nell’imminente pericolo della guerra. Non fu ascoltato. Una settimana dopo, l’1 settembre, alle 4.45 del mattino, le truppe tedesche attraversavano la frontiera polacca. Due giorni dopo Parigi e Londra dichiaravano guerra a Berlino. Era iniziata la Seconda guerra mondiale.

Un compito per sindaci e comunità locali

Le parole di Papa Francesco, esplicitamente destinate “Urbi ed Orbi”, passeranno alla storia come l’ultimo cartello di pericolo per la Terza guerra mondiale?

È citato anche il riarmo, in queste parole; il riarmo, infatti, è ormai un contagio.

“Tutti corrono al riarmo. Tutti, proprio tutti. Anche quelli che hanno ereditato la scelta di ripudiare la guerra e quindi l’impegno (quanto disatteso!) di trovare altri modi per arrivare alla pace che non siano le armi. Tanto che lo dichiarano impossibile”.

Questa osservazione sul riarmo fatta dal cardinale Matteo Zuppi aggiunge preoccupazione; introduce però anche ad una possibile via d’uscita: non lasciar fare la guerra è una questione democratica. Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana, la precisa così: “Dobbiamo laicamente ricordare e ribadire che la nostra Costituzione ripudia la guerra e che la nostra Repubblica nacque in risposta all’orrore del secondo conflitto mondiale”.

Saldamente poggiata sulla Costituzione, la gestione dei conflitti lavorando con strumenti di pace e non con il riarmo, è anche uno dei modi con cui le democrazie possono resistere (e rafforzarsi) di fronte all’attacco concentrico di populismi e sovranismi che hanno come obiettivo la diffusione delle moderne autocrazie.

È questa una dimensione della democrazia che non può limitarsi al governo e al parlamento nazionali. Proprio perché non si basa sulle “regole diplomatiche”, la costruzione dei rapporti internazionali con strumenti di pace ha bisogno in particolare di sindaci e di comunità locali. Non si tratta solo di fare pressione sul governo e sul parlamento (azione certamente necessaria); l’impegno è di dare voce e potere alla grande maggioranza degli italiani che non vogliono la guerra.

31 marzo 2024

In copertina

L’immagine è tratta dalla pagina del Partito Democratico Milano Metropolitana, con gli auguri per la Pasqua.