
Nei 14 anni di direzione Marco Tarquinio ha attualizzato la lunga storia del giornalismo cattolico popolare.
Con un editoriale dal titolo “La gratitudine e il dovere” venerdì 5 maggio Marco Tarquino dà ai lettori di “Avvenire” la notizia che dal giorno dopo non sarà più lui a dirigere il “giornale dei vescovi”. Al suo posto arriva Marco Girardo, finora caporedattore Economia dello stesso quotidiano.
“Metto il punto, oggi, al più lungo articolo della mia vita di giornalista. Un articolo lungo 14 anni”, scrive Tarquinio. La sua direzione è infatti durata 14 anni, fra le più longeve nei 55 anni di vita di “Avvenire”.
È stata una direzione che ha fatto del quotidiano della Chiesa italiana un riferimento non solo all’interno della comunità ecclesiale ma anche di un’opinione pubblica desiderosa di conoscere e quindi di capire e di poter discutere. Un giornalismo alternativo nello stile e spesso anche nei contenuti, come è avvenuto e sta avvenendo nel raccolto della guerra in corso in Europa.
Non sempre in questi 14 anni ho condiviso il racconto e le valutazioni di “Avvenire” e di Marco Tarquinio sulla politica interna italiana. La dottrina sociale della Chiesa, del resto, è un invito alla libertà e alla responsabilità dei credenti nella “Città dell’uomo”.
Sempre però ho apprezzato il collega giornalista nella sua scelta delle notizie e nella loro gerarchia. La ragione di questa condivisione è in queste parole di Marco Tarquinio. Sono parte del suo editoriale di saluto (non di commiato dai lettori di “Avvenire”), in cui sottolinea il lavoro collettivo della redazione.
Insieme abbiamo raccontato la nostra «casa comune», la terra degli uomini e delle donne e di ogni altra creatura e il cielo di Dio che sta sopra la terra, e sotto al quale nessuno è straniero e clandestino. E insieme, per anni, con chiarezza crescente, abbiamo liberamente scelto la parte dei piccoli e dei deboli, degli scartati e degli impoveriti, dei malati e delle persone isolate e sole, dei diseguali per condizione non per dignità. Senza dimenticare mai, nello sfrigolare aspro dei cortocircuiti generati dagli spacciatori di slogan e di regole contro la solidarietà, le donne e gli uomini che ogni giorno “fanno la cosa giusta” nella scuola e nell’impresa, nelle istituzioni e nelle realtà sociali, nella tutela del creato. Abbiamo dato anche a loro cittadinanza mediatica e prima pagina perché il domani che vogliamo è l’oggi buono che già vivono e fanno vivere.
È un giornalismo che – con attualità e originalità – continua in Italia la lunga storia del giornalismo cattolico popolare, per il quale è la persona e non il potere a fare notizia.
5 maggio 2023