Aldo Moro, non ci rapirono il pensiero

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Diceva: sicurezza è anche cambiamento nei rapporti internazionali

Nell’anniversario della strage di via Fani e del suo rapimento

Volevano Aldo Moro, il presidente del Consiglio. Alle Brigate rosse non interessavano le persone che erano con lui. Le uccisero subito, tutte, in via Fani a Roma, la mattina del 16 marzo 1978.

Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino erano gli uomini della scorta di Moro. A 47 anni dal sanguinoso assalto l’Italia democratica continua a ripetere i loro nomi, ricorda il loro sacrificio, partecipa al destino di famiglie straziate.

Il testamento nei 55 giorni di agonia

Aldo Moro lo volevano vivo, le Brigate rosse. Volevano un ostaggio da scambiare con il loro “riconoscimento”. Lo restituirono cadavere 55 giorni dopo in una Renault 4 rossa.

In quella straziante agonia personale, familiare e istituzionale lo Statista democristiano scriverà lettere e un memoriale che rimangono un testamento spirituale e politico.

Lo sono anche le lettere più private. In una di queste, indirizzata alla moglie Nora, Aldo Moro scrisse: «Mentre lasciamo tutto», «che di tutto resti qualcosa».

Qualcosa nei rapporti internazionali, ad esempio.

Dalla tensione alla distensione

“Il superamento dei blocchi in una società fondata sulla fiducia e garantita con mezzi diversi dal mero equilibrio di potenza è dunque non solo un nobile obiettivo, ma una politica che si pratica promuovendo il disarmo, valorizzando l’ONU, ricercando in ogni modo, che non sia quello della resa unilaterale, la distensione e la collaborazione tra i popoli, anche di diversa struttura sociale e politica od appartenenti a diversi sistemi politico-militari, proponendo giuste soluzioni per i problemi internazionali.

“È questa la linea che noi seguiamo e che può essere riscontrata in ogni nostra reazione come in ogni nostra iniziativa. Non possiamo dunque rinunziare agli strumenti di sicurezza, i quali, tra l’altro, ci offrono occasione di positiva influenza politica. Ma neppure intendiamo lasciar cadere le prospettive di mutare, gradualmente, il modo di essere del mondo, passando dalla garanzia della forza alla garanzia della fiducia, dalla tensione alla distensione, al negoziato, alla cooperazione”.

Nel mondo “nuovo” della politica estera

È un passaggio dell’intervento di Aldo Moro alla Commissione Esteri della Camera dei Deputato il 12 settembre 1969. Da poco più di un mese, dal 5 agosto, Moro aveva assunto l’incarico di ministro degli Esteri del governo guidato da Mariano Rumor.

Mentre dall’altra sponda dell’Atlantico un mondo “nuovo” – imprevedibile e inquietante – viene scaraventato sugli europei, può essere illuminante che “resti qualcosa” della politica estera di Aldo Moro.

16 marzo 2025

In copertina

La lapide che in via Fani a Roma tiene viva la memoria delle vittime delle Brigate rosse. La foto è del Gruppo del Partito Democratico alla Camera dei Deputati.

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