Tre scelte con un solo segno sulla scheda


Il 4 marzo debutta la nuova legge elettorale per il Parlamento – Si scelgono il partito, la coalizione e il parlamentare del territorio – 

Il 4 marzo gli italiani votano per eleggere deputati e senatori con una nuova legge elettorale, cui è stato dato il soprannome di “Rosatellum”, richiamando il cognome del primo firmatario della proposta di legge. È tutto sommato una legge semplice, almeno per quanto riguarda i cittadini elettori; un po’ complicato sarò il conteggio, ma questo sarà compito degli Uffici elettorali. Però critici ed oppositori hanno continuano a descrivere questa legge come complicata ed incomprensibile; naturale quindi che non siano pochi coloro che chiedono: “Come si vota?”. L’hanno chiesto anche a me e ho riassunto in questa scheda tecnica quanto può interessare agli elettori.
La scheda riporta ampiamente quanto è stato elaborato dal Servizio Studi del Senato, che è fonte attendibile e completa per mia esperienza diretta.


Ritorno ad un sistema misto

La legge non prevede lo strumento del premio di maggioranza (presente nella legge n. 270 del 2005, dichiarato incostituzionale per l’assenza di una “ragionevole soglia di voti minima per competere all’assegnazione del premio”, come ebbe a rilevare la Corte costituzionale; nonché nella legge n. 52 del 2015, e sopravvissuto alla declaratoria di incostituzionalità che ha travolto il secondo turno di ballottaggio lì previsto.
La legge reintroduce un sistema elettorale misto, miscelando una componente maggioritaria uninominale ed una proporzionale plurinominale. Questo sistema fu in vigore tra il 1993 e il 2005. Tuttavia diversa è la composizione del mix di maggioritario uninominale e proporzionale plurinominale.
Vigente la legge Mattarella si ebbe la prevalenza della componente maggioritaria uninominale (pur con il temperamento costituito dallo “scorporo”, totale per il Senato, parziale per la Camera dei deputati), impiegata per l’assegnazione del 75 per cento dei seggi. La nuova legge prevede invece la prevalenza della componente proporzionale plurinominale, giacché l’altra maggioritaria uninominale complessivamente vale per l’assegnazione del 36,8 per cento dei seggi.


Ripartizione del territorio nazionale in circoscrizioni

La legge determina il numero delle circoscrizioni elettorali.
Per il Senato, le circoscrizioni sono 20, coincidenti senza eccezioni con il territorio delle Regioni.
Per la Camera dei deputati, le circoscrizioni sono 28. Esse coincidono con il territorio delle Regioni.
Tuttavia per alcune Regioni più popolose, si hanno più circoscrizioni: 4 per la Lombardia; 2 per il Veneto, per il Piemonte, per il Lazio, per la Campania, per la Sicilia.
I confini delle circoscrizioni della Camera sono determinati dalla legge mediante aggregazione di più collegi uninominali introdotti nel 1993.


Determinazione dei collegi

Ciascuna circoscrizione è suddivisa in collegi uninominali ed in collegi plurinominali.
Per la Camera dei deputati sono previsti – ripartiti nelle ventotto circoscrizioni proporzionalmente alla popolazione di ciascuna, sulla base dell’ultimo censimento generale – 232 collegi uninominali (comprensivi di 1 collegio uninominale in Valle d’Aosta, 6 collegi in Trentino Alto-Adige, 2 collegi in Molise). I restanti collegi sono plurinominali.
Per il Senato sono previsti – ripartiti nelle venti circoscrizioni senatoriali proporzionalmente alla popolazione di ciascuna, sulla base dell’ultimo censimento generale – 116 collegi uninominali (comprensivi di 1 collegio uninominale in Valle d’Aosta, 6 collegi uninominali in Trentino-Alto Adige, 1 in Molise. I restanti collegi sono plurinominali.
La puntuale determinazione dei collegi – così uninominali come plurinominali – è stata oggetto di delegazione legislativa, secondo alcuni criteri definiti dall’articolo 3 della legge.
L’assegnazione di 232 seggi alla Camera e di 116 seggi al Senato è effettuata in collegi uninominali. Nei collegi uninominali, il seggio è assegnato al candidato che consegua il maggior numero di voti validi (non agiscono qui soglie di sbarramento). In caso di parità di voti, sia alla Camera sia al Senato è eletto il più giovane per età (con previsione inedita a livello nazionale).
L’assegnazione dei restanti seggi (ferma la specificità della disciplina per i seggi della circoscrizione Estero) avviene in collegi plurinominali, con metodo proporzionale tra le liste e le coalizioni di liste che abbiano superato le soglie di sbarramento. Sono proclamati eletti i candidati della lista del collegio plurinominale secondo l’ordine di presentazione, nel limite dei seggi cui la lista abbia diritto. Non è prevista infatti la preferenza.


Possibilità di collegamento delle liste in coalizioni

La legge prevede che i partiti o gruppi politici organizzati possano presentarsi come lista singola o in coalizione. La coalizione è unica a livello nazionale sia per l’elezione della Camera dei deputati sia per l’elezione del Senato della Repubblica.
I partiti in coalizione debbono presentare candidati unitari nei collegi uninominali.


Obblighi ai fini della presentazione delle liste

Ciascun partito o gruppo politico organizzato che intenda presentarsi alle elezioni – sia alla Camera sia al Senato – è tenuto a depositare il proprio contrassegno e ad indicare la propria denominazione presso il Ministero dell’interno.
Contestualmente al deposito del contrassegno, deve essere altresì depositato il programma elettorale, nel quale viene dichiarato il nome e cognome della persona indicata come capo della forza politica.
Ove iscritto nel registro dei partiti politici, il partito o gruppo politico organizzato debba depositare il relativo statuto. In mancanza di iscrizione nel registro, il partito o gruppo politico organizzato deve depositare una dichiarazione che indichi gli elementi minimi di trasparenza.
L’articolo 4 della legge prevede che in un’apposita sezione del sito Internet del Ministero dell’interno (denominata “Elezioni trasparenti”) siano pubblicati in maniera facilmente accessibile (entro dieci giorni dalla scadenza del termine per il deposito del contrassegno per ciascun partito, movimento e gruppo politico organizzato che abbia presentato le liste): a) il contrassegno depositato, con l’indicazione del soggetto che ha conferito il mandato per il deposito; b) lo statuto ovvero la dichiarazione di trasparenza; c) il programma elettorale, con il nome e cognome della persona indicata come capo della forza politica.
Mi soffermo su questo aspetto, apparentemente tecnico, per una ragione politica.
Non è giuridicamente prevista né la figura del premier né la figura del capo della coalizione. Quindi è fuorviante il riferimento che alcune forze politiche stanno facendo della figura del premier.
La legge elettorale è congegnata in modo da affidare interamente al Parlamento – come previsto dalla Costituzione – la scelta del futuro Primo Ministro.


Le soglie di sbarramento

La legge prevede alcune soglie di sbarramento, valevoli per l’assegnazione dei seggi nei collegi plurinominali.
La soglia è del 3 per cento dei voti validi per le liste singole.
È del 10 per cento dei voti validi per le coalizioni.
Qualora la coalizione non valichi quella soglia, si intende che superi lo sbarramento la lista infra-coalizione, la quale abbia conseguito almeno il 3 per cento.
Tutte le soglie sono riferite a percentuali di voti validi a livello nazionale, sia per la Camera sia per il Senato (ferma restando per quest’ultimo l’assegnazione a livello regionale dei seggi alle liste.
L’applicazione per il Senato di uno sbarramento determinato a livello nazionale costituisce un elemento inedito nella sua storia.
Per rispettare comunque la previsione costituzionale di un Senato eletto “a base regionale” (articolo 57, primo comma della Costituzione), la legge prospetta per il Senato una soglia alternativa, calibrata appunto su base regionale. Sono infatti ammesse al riparto dei seggi senatoriali le liste (siano o meno collegate in coalizione) che abbiano conseguito almeno il 20 per cento dei voti nella Regione. Un forte radicamento regionale dunque assicura l’accesso alla rappresentanza senatoriale, pur in assenza del conseguimento sul piano nazionale del 3 per cento dei voti validi.
Le soglie sopra ricordate valgono per accedere all’assegnazione dei seggi.
Una distinta soglia – stabilita nell’1 per cento dei voti validi da essa ottenuti a livello nazionale – è prevista ove una lista non superi lo sbarramento (del 3 per cento) e sia in coalizione con altre liste che invece superano lo sbarramento.
Tale soglia dell’1 per cento rileva ai fini (non già dell’assegnazione dei seggi alla lista considerata bensì) dell’utilizzabilità endo-coalizionale dei voti ottenuti dalla lista, rimasta esclusa dall’assegnazione dei seggi.


Liste corte

Vediamo tre aspetti particolari della composizione delle liste: il numero dei candidati, la rappresentanza di genere, le pluricandidature.
Nei collegi plurinominali (sia della Camera sia del Senato) ciascuna lista è composta da un elenco di candidati, presentati secondo un determinato ordine numerico.
Indipendentemente dal numero di seggi assegnato al collegio plurinominale, il numero dei candidati della lista non può in ogni caso essere inferiore a due né superiore a quattro.
La legge assume dunque, tra i suoi connotati, l’opzione per liste brevi.
Vale ricordare come la Corte costituzionale stigmatizzasse (nella sentenza n. 1 del 2014) le liste ‘lunghe’ ‘bloccate’ quali previste dalla legge n. 270 del 2005, rilevando che erano tali da “alterare per l’intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti”, “incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all’articolo 48 della Costituzione”.


Rappresentanza di genere

Sono previste disposizioni relative alla rappresentanza di genere. A pena di inammissibilità, nella successione interna delle liste nei collegi plurinominali, i candidati devono essere collocati secondo un ordine alternato di genere (sia alla Camera sia al Senato).
Nel complesso delle liste nei collegi plurinominali presentate da ciascuna lista a livello nazionale, nessuno dei due generi può essere rappresentato nella posizione di capolista in misura superiore al 60 per cento, con arrotondamento all’unità più prossima.
Al contempo, per la Camera è previsto che nel complesso delle candidature presentate da ogni lista o coalizione di liste a livello nazionale, nei collegi uninominali nessuno dei due generi possa essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento (con arrotondamento all’unità più prossima).
Per il Senato le medesime previsioni sono riferite al livello regionale (e spetta all’Ufficio elettorale regionale assicurarne il rispetto).


Le pluri-candidature

Sono ammesse (sia alla Camera sia al Senato) le pluri-candidature (beninteso con il medesimo contrassegno).
Ci si può candidare in un solo collegio uninominale (a pena di nullità). Tuttavia ci si può candidare in uno o più collegi plurinominali, fino ad un massimo di 5 (a pena di nullità), anche contestualmente alla candidatura nel collegio uninominale.
Chi si candidi nella circoscrizione Estero non può candidarsi in alcun collegio uninominale o plurinominale.
Il candidato eletto in un collegio uninominale ed in uno o più collegi plurinominali, si intende eletto nel collegio uninominale.
Il candidato eletto in più collegi plurinominali è proclamato eletto nel collegio nel quale la lista cui appartiene abbia ottenuto la minore percentuale di voti validi, rispetto al totale dei voti validi del collegio.
Le disposizioni predeterminano dunque un criterio oggettivo di assegnazione del seggio in caso di pluri-candidato pluri-eletto.
La questione delle pluri-candidature è stata oggetto della sentenza n. 35 del 2017 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’incostituzionalità di una disposizione della legge n. 52 del 2015 accordante (peraltro in presenza di voto di preferenza) una libera opzione da parte del pluri-eletto, congegnata in modo da risultare, secondo la Corte, franca da alcun “criterio oggettivo e predeterminato, rispettoso, nel massimo grado possibile, della volontà espressa dagli elettori”.


Le elezioni in Veneto

Un rapido cenno alla “geografia elettorale” del Veneto disegnata dalla nuova legge. Come ho ricordato, questa geografia è stata affidata dal Parlamento al Governo, che vi ha provveduto a metà dicembre.
Mi limito alla geografia che comprende la provincia di Padova.
Incominciamo dalla Camera dei Deputati. Abbiamo già visto che il Veneto è tra le regioni che hanno due circoscrizioni. Padova fa parte della Circoscrizione 2.
Nella provincia di Padova sono stati individuati tre collegi uninominali: Padova, Vigonza e Abano Terme. In buona sostanza si tratta dei confini dei tre collegi elettorali del Senato per i quali si è votato nel 1994, 1996 e 2001; le uniche modifiche riguardano alcuni comuni dell’area collinare che sono stati spostati dal collegio di Vigonza al collegio di Abano Terme. della provincia di Padova.
Passiamo ai collegi plurinominali della Camera dei deputati. Nella circoscrizione sono stati costituiti 3 collegi plurinominali per l’attribuzione di 19 seggi. Le province di Padova e Vicenza costituiscono un collegio ciascuna; il terzo collegio assomma le province di Verona e Rovigo.
Il collegio plurinominale Veneto 2-01, in cui vengono attribuiti 6 seggi, aggrega i 3 collegi uninominali di Padova, Vigonza e Abano Terme, accorpando il territorio della provincia di Padova.
Passiamo ora alla geografia del Senato.
Per quanto riguarda i collegi uninominali la Regione è suddivisa in nove collegi. Ciascun collegio del Senato è il risultato dell’accorpamento di due collegi uninominali della Camera. Per quanto riguarda la provincia di Padova, il collegio Camera di Abano Terme è accorpato con quello di Padova; il collegio Camera di Vigonza è accorpato con quello di Bassano del Grappa (per l’Alta padovana al Senato si ha dunque un collegio interprovinciale).
Per quanto riguarda i collegi plurinominali, il Veneto è stato suddiviso in due parti: il Veneto 1 con le province di Belluno, Treviso, Venezia e Rovigo; il Veneto 2 con le province di Padova, Vicenza e Verona.


Modalità di espressione del voto

L’elettore dispone di un’unica scheda per la Camera e di un’unica scheda per il Senato, su ciascuna delle quali esprime un unico voto.
Non è dunque prevista duplicità di scheda (per la componente uninominale e per quella plurinominale, come fu per la sola Camera dei deputati vigente la legge Mattarella), né è prevista la facoltà di voto disgiunto (com’è nel sistema elettorale dei comuni con più di 15 mila abitanti).
La configurazione della scheda è la medesima, per la Camera e per il Senato.
Vediamo come è fatta la scheda, con una avvertenza: ci sono novità nella parte esterna della scheda.
Le modalità di voto sono riportate anche nella parte esterna della scheda elettorale.
Inoltre, è previsto che le schede elettorali siano provviste di un tagliando anti-frode con codice progressivo alfanumerico.
E veniamo all’interno.
La scheda reca il nome del candidato nel collegio uninominale e, per il collegio plurinominale, il contrassegno di ciascuna lista – o gruppi di liste, nel caso di loro collegamento in coalizione.
I contrassegni delle liste hanno riportati a fianco i nominativi dei candidati – da due a quattro – nel collegio plurinominale.
Il voto è espresso tracciando un segno sul rettangolo contenente il contrassegno della lista e i nominativi dei candidati nel collegio plurinominale.
Il voto così espresso vale ai fini dell’elezione del candidato nel collegio uninominale ed a favore della lista nel collegio plurinominale. Qualora il segno sia tracciato solo sul nome del candidato nel collegio uninominale, il voto è comunque valido anche per il collegio plurinominale. In tal caso ed in presenza di più liste collegate in coalizione, il voto è ripartito tra le liste della coalizione, in proporzione ai voti ottenuti da ciascuna nel collegio uninominale.
Se l’elettore traccia un segno sul rettangolo contenente il nominativo del candidato del collegio uninominale e un segno sul sottostante rettangolo contenente il contrassegno della lista nonché i nominativi dei candidati nel collegio plurinominale, il voto è comunque valido (a favore sia del candidato uninominale sia della lista).
Se l’elettore traccia un segno sul contrassegno e un segno sulla lista di candidati nel collegio plurinominale della lista medesima, il voto è considerato valido a favore sia della lista sia del candidato uninominale.
Se l’elettore traccia un segno, comunque apposto, sul rettangolo contenente il nominativo del candidato uninominale e un segno su un rettangolo contenente il contrassegno di una lista cui il candidato non sia collegato, il voto è nullo (non disgiungibilità del voto).


Un sistema semplice

Si tratta di un sistema elettorale molto semplice dal punto di vista degli elettori.
In buona sostanza è sufficiente per l’elettore tracciare un segno sul simbolo del partito prescelto, per determinare sia il risultato del partito, sia le persone che andranno in Parlamento.
È una legge che integra sufficientemente sia il legame con il territorio, sia la rappresentanza politica generale.
Nessuna legge elettorale è ovviamente perfetta.
La legge elettorale tedesca è totalmente proporzionale e i tedeschi non hanno ancora fatto un governo da settembre.
La legge elettorale del Regno Unito è totalmente maggioritaria e Teresa May ha dovuto allearsi dopo il voto con piccoli partiti locali per fare un governo.
Anche questa si può criticare.
La critica maggiore è a governabilità. Ma forse non è questo il punto al quale la nostra democrazia è arrivata. Piuttosto ha bisogno di ritrovarsi fra tutti i protagonisti per aggiornarsi e finora – con il sistema maggioritario – non è stato possibile.