È sempre la Costituzione, ma resa ancor più personalistica.
Il discorso di investitura del Presidente della Repubblica.
Il nuovo settennato di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica non è una replica. Non è neppure una continuazione. Non è lui ad essere cambiato; è nuovo il tempo di una comunità che ha davanti a sé la ricostruzione dopo le distruzioni psicologiche e materiali della pandemia.
Le nuove regole di bilancio e le risorse finanziarie concordate nell’Unione Europea sono strumenti indispensabili per la ricostruzione. Lo ha detto lo stesso Mattarella giovedì scorso nel discorso di investitura al Parlamento.
Anche i progetti sono strumenti e non gli obiettivi della ricostruzione: allungare l’alta velocità ferroviaria tra le regioni o diffondere le case della salute nei comuni, per citare due progetti, deve servire a “disegnare e iniziare a costruire, in questi prossimi anni, l’Italia del dopo emergenza. Un’Italia più giusta (…). Un Paese che cresca in unità. In cui le disuguaglianze – territoriali e sociali – che attraversano le nostre comunità vengano meno”. L’ha proposto Sergio Mattarella a coloro che l’hanno rieletto, precisando l’obiettivo finale: “Una Repubblica capace di riannodare il patto costituzionale tra gli italiani e le loro istituzioni libere e democratiche”.
Ha dato la parola ai molti “diseguali”
Riecco la Costituzione repubblicana; quella su cui Sergio Mattarella giura. Scritta riga per riga come base per la ricostruzione nel 1947 dopo il fascismo, la Resistenza, la guerra e la monarchia, questa Carta è oggi la base per la ricostruzione dopo la pandemia.
Ai parlamentari Sergio Mattarella rilegge la Costituzione non attraverso gli articoli, ma richiamando la vita delle persone, soprattutto di quelle alle quali il patto costituzionale deve restituire la dignità.
“La pari dignità sociale è un caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo. Le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il freno per ogni prospettiva reale di crescita. Nostro compito – come prescrive la Costituzione – è rimuovere gli ostacoli“.
E dà la parola ai molti “diseguali”; li elenca con precisione; vuole che ciascuna di queste persone sappia che il Presidente della Repubblica conosce la sua vita, la sua dignità violata: proprio la sua vita, proprio la sua dignità; perché – dice proprio Sergio Mattarella a senatori e deputati – “accanto alla dimensione sociale della dignità, c’è un suo significato etico e culturale che riguarda il valore delle persone e chiama in causa l’intera società”.
Costruire o ricostruire i diritti sociali per riconoscere la dignità personale è il programma che il nuovo Presidente indica alla Repubblica. È sempre la Costituzione, ma resa ancor più personalistica.
Dal lavoro, come la Costituzione
Il “programma” di Sergio Mattarella comincia dal lavoro, proprio come la Costituzione: “Dignità è azzerare le morti sul lavoro, che feriscono la società e la coscienza di ognuno di noi. Perché la sicurezza del lavoro, di ogni lavoratore, riguarda il valore che attribuiamo alla vita”. La sicurezza nel lavoro è indispensabile per rendere “umana” la ripresa economica, che così sarà misurata sul valore della vita delle persone e non sul valore della produzione.
La persona come “misura” torna in una successiva citazione del lavoro: “Dignità è non dover essere costrette a scegliere tra lavoro e maternità”.
La famiglia, con le donne, gli anziani, i ragazzi, è presente in altrettanti “articoli” della Carta della Dignità pronunciata da Mattarella.
“Dignità è impedire la violenza sulle donne, piaga profonda e inaccettabile che deve essere contrastata con vigore e sanata con la forza della cultura, dell’educazione, dell’esempio”.
“Dignità è diritto allo studio, lotta all’abbandono scolastico, annullamento del divario tecnologico e digitale”.
“Dignità è rispetto per gli anziani che non possono essere lasciati alla solitudine, e neppure possono essere privi di un ruolo che li coinvolga”.
“Dignità è un Paese non distratto di fronte ai problemi quotidiani che le persone con disabilità devono affrontare. Confidiamo in un Paese capace di rimuovere gli ostacoli che immotivatamente incontrano nella loro vita”.
I risultati della “dignità” reciproca
L’articolo 2 della Costituzione recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Solitamente ci si ferma ai primi due verbi: “riconosce e garantisce”; meno citato è il terzo verbo: “richiede”, che comporta una azione positiva dei singoli cittadini.
Il Presidente Mattarella elenca le dignità violate, ma contemporaneamente avverte che “è anzitutto la nostra dignità che ci impone di combattere” per sia realizzata la dignità di tutti. È la “dignità reciproca” che si accresce mentre la produce. È la risposta a quel “richiede” che proviene dalla Repubblica.
“Dignità è opporsi al razzismo e all’antisemitismo, aggressioni intollerabili, non soltanto alle minoranze fatte oggetto di violenza, fisica o verbale, ma alla coscienza di ognuno di noi”.
“La nostra dignità è interrogata dalle migrazioni, soprattutto quando non siamo capaci di difendere il diritto alla vita, quando neghiamo nei fatti dignità umana agli altri”.
“È anzitutto la nostra dignità che ci impone di combattere, senza tregua, la tratta e la schiavitù degli esseri umani”.
“Dignità è contrastare le povertà, la precarietà disperata e senza orizzonte che purtroppo mortifica le speranze di tante persone”.
“Dignità è un Paese dove le carceri non siano sovraffollate e assicurino il reinserimento sociale dei detenuti. Questa è anche la migliore garanzia di sicurezza”.
“Dignità è un Paese libero dalle mafie, dal ricatto della criminalità, libero anche dalla complicità di chi fa finta di non vedere”.
Elementi essenziali della “dignità reciproca” sono la conoscenza e l’impegno. Con queste, infatti, Sergio Mattarella conclude la sua Carta della Dignità: con la prima completa l’articolo 21 della Costituzione sulla libertà di stampa; con la seconda dà un suggerimento su come esercitare la sovranità popolare.
“Dignità è assicurare e garantire il diritto dei cittadini a un’informazione libera e indipendente.
“La dignità, dunque, come pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile“.
Un programma per sette anni
Il discorso di investitura del Presidente Mattarella va letto per intero. La parte conclusiva sui diritti sociali in rapporto alla dignità della persona è fra le più impegnative ed è certamente quella che caratterizzerà il Settennato: pronunciata 18 volte giovedì 3 febbraio in Parlamento, la parola “dignità” l’ascolteremo molte volte in questi anni, per richiamare il “programma” del Presidente o per attualizzarla o per richiamarla come progetto. È da subito campo per i parlamentari e i rappresentanti regionali che hanno accompagnato con lunghi applausi il discorso di investitura di Sergio Mattarella.
6 febbraio 2022