CARTOLINA / Lunedì 15 gennaio 2024
Uno dei temi del dialogo tra Papa Francesco e Fabio Fazio.
Ci ha tenuto compagnia per quasi un’ora Papa Francesco la sera di domenica 14 gennaio. Da Casa Santa Marta si è collegato con gli studi milanesi del canale “Nove” e ha dialogato con Fabio Fazio nella trasmissione Che tempo che fa.
Sapeva bene che c’eravamo anche noi: in tre milioni e 400 mila, ad un certo punto, secondo le rilevazioni Auditel. Alla fine, infatti, il pensiero è per noi, nelle nostre case.
“Grazie per averci guardato in questo dialogo, per essere vicini; vi chiedo di pregare per me, perché io vada sempre avanti, perché io non fallisca nel mio dovere. Ma per favore, pregate a favore, non contro, grazie!”.
È anziano, Papa Francesco: non esibisce e non nasconde la sua età. Il problema non sono gli anni: “Per il tempo in cui mi sento di avere ancora la capacità di servire, vado avanti”, dice a Fabio Fazio che gli chiede notizie sulla sua salute.
Non un problema, ma un’esperienza
La vecchiaia rispunta qua e là nel lungo dialogo, non come problema, ma come esperienza: utile quindi anche per l’oggi.
In 54 anni di prete che io ho – questa è una confessione – 54 anni che sono prete, io sono vecchio! In questi 54 anni ho soltanto negato una sola volta il perdono, per la ipocrisia della persona. Una volta.
Ora che è vescovo di Roma, padre Jorge Mario Bergoglio conserva la consapevolezza che “le persone devono entrare in colloquio con la benedizione del Signore e vedere cosa è la strada che il Signore gli propone”. E ora che è Papa, nell’ultimo Concistoro dà il titolo di cardinale ad un frate cappuccino di 94 anni. Non ci sono limiti di età per “un grande confessore, (…) un grande perdonatore”.
La sua prima lingua è quella dei nonni
La vecchiaia è soprattutto esperienza che annoda la vita personale ad altre vite.
Per questo Papa Francesco, sollecitato da una domanda di Fabio Fazio, mette gli anziani in primo piano tra i ricordi di casa sua.
La prima cosa sono i nonni.
Siamo cinque noi. Mamma ha avuto mio fratello, secondo, quando io avevo 13 mesi, ancora ero un bambino da accudire, e i nonni abitavano a 40 metri. E la nonna veniva al mattino, mi portava a casa loro, io passavo tutto il mattino, pranzavo con loro, e poi, dopo pranzo, mi riportava a casa.
Questo è un bel ricordo che io ho.
E questo spiega perché la prima lingua che ho parlato non è stato lo spagnolo, ma il piemontese, perché loro parlavano piemontese. È stata proprio la mia prima lingua.
Ma questo è il primo ricordo, i nonni: ossia il nonno e la nonna che, per mano, mi portavano a casa dopo nel pomeriggio. È un bel ricordo.
Saper ascoltare le storie
Questo ricordo lega un bambino a due figure che certamente egli vedeva “grandi”. Il legame continua anche ora nella vita di Papa Francesco, perché sono i bambini e i nonni a farlo sorridere.
La tenerezza dei bambini: questo mi fa sorridere. E poi i nonni, sono i miei coetanei ma a me piace parlare con i nonni, avere questo rapporto con i nonni, hanno saggezza i nonni, hanno saggezza.
Non dimenticare queste due capacità che noi dobbiamo avere di parlare con i bambini, ascoltarli, farli ridere, parlare con loro e con i nonni, ascoltare le storie.
Qualcuno dice: “Ma sono noiosi, sempre raccontano lo stesso…”, ma sono storie di vita, e questo aiuta pure.