Meno bambini, più anziani e il neo-liberismo vince

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Padre Antonio Spadaro: “Sono l’allungamento delle aspettative di vita e la riduzione della fertilità le cause strutturali più rilevanti della crisi del modello liberal-democratico”.

La cultura della paura, la crisi del modello liberal-democratico, la scomparsa del “centro”. Oggi Avvenire anticipa il mio Punto su La Civiltà Cattolica in uscita.

Così padre Antonio Spadaro SJ, direttore della rivista dei Gesuiti, presenta nella sua pagina Facebook i contenuti del suo articolo “La crisi del modello liberal-democratico”.

Il tema è posto nel primo periodo dell’articolo.

Secondo molti analisti politici, l’incubo che si aggira per l’Europa di questi tempi sarebbe la definitiva scomparsa del “centro”, cioè delle forze politiche centriste.

Descrivendo la situazione, fin dalla parte introduttiva del suo Punto, padre Spadaro delimita la natura della questione.

La questione non può porsi in termini di qualità politiche dei leader, o di esistenza di uno spazio politico adeguato, che si chiami “terzo polo” o con altro nome.

Dell’insieme della complessa analisi del diretto de La Civiltà Cattolica abbiamo ricavato un estratto sul rapporto tra demografia e modelli politico-sociali. Proprio perché complessa, l’analisi di Padre Spadaro merita comunque di essere letta nella sua interezza e forse l’estratto di Euganeo.it potrà apparire un po’ arbitrario. Anche la titolazione è di Euganeo.it e non dell’autore.

La crisi del modello liberal-democratico

Estratto dal Punto di Antonio Spadaro

Il trentennio dei boomers – cioè il periodo dell’esplosione demografica (baby boom), parallelo al boom economico registrato tra il 1946 e il 1964 – è per eccellenza l’epoca liberal-democratica. Essa si è qualificata per l’interpretazione data al significato dei due poli, quello liberale e quello democratico, e per la capacità di tenerli insieme, collegandoli in una visione che ha saputo tener conto dell’uno e dell’altro. La socialdemocrazia europea ha finito con l’aderire a questa visione, spingendo l’equilibrio verso un welfare inclusivo, esteso: nell’epoca liberal-democratica e social-democratica si sono tenuti insieme le garanzie sociali e i diritti individuali, sostituendo lo stato sociale al vecchio laissez faire, la massima che fu usata dai fisiocrati e dai primi liberisti per ottenere l’abolizione di ogni vincolo all’attività economica.

Ecco: è proprio questa tensione liberale e democratica – dove democrazia ha significato di stato sociale – a essere in crisi.

Dal boom demografico alla decrescita

Per cogliere le ragioni della difficoltà liberal- democratica occorre partire non dalle idee, ma dalla realtà che muta. Come sta mutando?

Non c’è più (..) il boom demografico: anzi, c’è la decrescita. E la crescita dei diritti dell’individuo si è affiancata al progressivo sfarinamento dei diritti sociali, quali occupazione non provvisoria, la pensione a 60 anni, l’assistenza sanitaria e così via.

La stessa logica della crescita continua si è scontrata con altri e noti problemi, a partire da quelli ambientali, che per alcuni studiosi hanno creato anche un timore psicologico tra gli europei: quello della apocalisse ambientale.

Dai diritti sociali ai diritti individuali

Sono l’allungamento delle aspettative di vita e la riduzione della fertilità le cause strutturali più rilevanti della crisi del modello liberal-democratico.

Si poteva pensare di porvi riparo con i migranti, più o meno forzati, che abbondano, ma rendere società complesse autentiche società omogenee è estremamente complicato, come dimostrano i fallimenti dell’assimilazionismo e del multiculturalismo e le resistenze opposte all’interculturalità.

Così, progressivamente l’uomo europeo si è chiuso dentro di sé; i suoi diritti sociali in difficoltà sono stati sostituiti dalla richiesta di nuovi diritti individuali.

La tensione vitale tra i due poli della visione liberal- democratica non ha saputo preservare l’equilibrio.

Dalle lotte dei poveri alla rabbia degli impoveriti

Perché? La riduzione della popolazione, l’allungarsi dell’aspettativa di vita, la delocalizzazione, che consente di produrre altrove a costi più bassi, sono le cause apparentemente separate dell’emergere di un mondo nuovo, sostanzialmente non più liberal-democratico, ma neo-liberista. In un mondo nel quale scarseggiano sia il vecchio sia il nuovo proletariato, la pensione a 60 anni diviene impossibile, la delocalizzazione indispensabile.

Si può dunque vedere nel neo-liberismo, incarnato dallo slogan “La società non esiste, esiste solo l’individuo”, il motore che ha tenuto in marcia l’europeo, che non vede più le lotte dei poveri, ma la rabbia degli impoveriti, e anche degli impauriti.

E se il problema fosse la paura?

Le lotte dei poveri sono diverse dalle rabbie degli impoveriti, e il modello liberaldemocratico si è dissolto in quello della fortezza assediata, introiettando la cultura della paura.

Ecco perché l’europeo impaurito, ad esempio, non sa vedere nei migranti quella forza-lavoro di cui il suo stato sociale avrebbe bisogno per evitare lo smantellamento: se non si sanno fare più figli, li si adotta; ma, per adottare, occorre avere una visione inclusiva, espansiva, non neo-liberista.

La difesa di sé tra privilegi che sfumano aggrava la difficoltà nella quale ci si trova, non la attenua. Non sarà la paura un problema radicale del modello liberal-democratico?

29 giugno 2023

Il testo integrale dell’articolo di Antonio Spadaro La crisi del modello liberal-democratico

Il sito di La Civiltà Cattolica

L’anticipazione del quotidiano Avvenire