La posta in gioco è la capacità dell’Unione di rimanere un punto di riferimento per chi crede in un modello di sviluppo basato sulla democrazia, sull’integrazione e sulla sostenibilità

• Editoriale di Enrico Letta •
Per troppi anni, l’Unione europea ha cullato l’illusione di poter agire nel mondo e costruire il proprio percorso di integrazione al riparo da rischi strategici. In pochi mesi la seconda amministrazione Trump ha dato le ultime picconate a questa sorta di allucinazione collettiva, che ancora resisteva nonostante da ormai un decennio se ne cominciassero a vedere le crepe e incongruenze.
La prima lezione emersa con chiarezza negli ultimi anni è che l’Unione Europea può essere oggetto di critiche, ma rimane insostituibile. Questo insegnamento risulta tutt’altro che scontato se si considera che per anni il dibattito pubblico è stato dominato da posizioni fortemente euroscettiche, quando non apertamente antieuropeiste.
Oggi, invece, più nessun partito con un peso elettorale influente sostiene la fuoriuscita del proprio Paese dall’UE o dall’eurozona. Persino i leader che avevano costruito il proprio successo e la propria identità sulla promessa di una disgregazione dell’Unione europea sono stati costretti a fare un passo indietro.
Integrarsi per difendersi
Questo non significa che l’Unione europea non sia migliorabile.
Se la prima lezione appresa negli ultimi anni è che l’Europa è insostituibile, la seconda è che abbiamo bisogno di un’Europa ancora più integrata e ambiziosa. Troppo spesso, l’assetto istituzionale e normativo dell’UE ha prodotto soluzioni subottimali, proprio a causa di un’integrazione incompleta o di una persistente frammentazione.
Oggi esiste però uno spazio politico per compiere passi in avanti, in tutti questi settori. Le crisi degli ultimi anni hanno infatti definitivamente rafforzato la consapevolezza che, senza una maggiore integrazione, l’Unione Europea resta priva degli strumenti necessari per difendere i propri interessi e valori.
Non basta rispondere alle crisi
La terza lezione è che, in nuovo mondo, serve un nuovo modello di sviluppo. Il successo di NextGenerationEU rappresenta la prova più evidente di questa necessità e, al tempo stesso, dimostra che un cambio di paradigma è possibile.
NextGenerationEU è stato costruito partendo dall’assunto che affrontare una crisi significa innanzitutto eliminare le fragilità e storture che hanno permesso a questa di manifestarsi, per costruire una traiettoria di sviluppo più sostenibile da un punto di vista economico, sociale e ambientale.
È nota l’affermazione di Jean Monnet secondo cui l’Europa sarà forgiata nelle crisi e sarà il risultato delle risposte a tali crisi. Questa lettura ha dimostrato senza dubbio una propria veridicità e in passato ha fornito una strada per compiere passi in avanti fondamentali nel processo di integrazione.
NextGenerationEU è la prova evidente della capacità dell’UE di rispondere con coraggio e sempre maggiore integrazione quando posta di fronte a sfide esiziali.
Sull’orlo di una crisi esistenziale
Procedere in tal senso non è però più sostenibile in un mondo in cui le crisi non hanno più carattere episodico, ma rappresentano un elemento cronico o permanente (al punto che si è affermato l’utilizzo dell’espressione “permacrisi”).
L’Unione europea non può permettersi di attendere di essere sull’orlo di una crisi esistenziale per mobilitare la volontà politica e le risorse economiche necessarie ad affrontare le sfide che già le sono poste di fronte, si tratti della sicurezza del continente europeo, della transizione ecologica della leadership industriale e tecnologica o dell’inverno demografico. Soprattutto perché, in molti di questi casi, quando suoneranno i campanelli d’allarme sarà già troppo tardi per agire. Ma anche qualora non fosse troppo tardi per intervenire, la logica della reazione comporta comunque costi enormi, che l’Europa non può più permettersi di affrontare. Ogni decisione presa in ritardo espone il continente a conseguenze economiche, sociali e strategiche.
Da soli siamo tutti di piccole dimensioni
Da questo punto di vista, la Presidenza Trump potrebbe rivelarsi un fattore determinante. Il susseguirsi di minacce – alcune reali, altre potenziali – potrebbe finalmente convincere l’Unione che anche i rischi di medio termine richiedono lo stesso approccio ambizioso solitamente riservato alle crisi già in atto.
La seconda lezione che l’UE e i suoi Paesi membri devono ancora fare propria è che oggi, in un mondo i cui equilibri economici e demografici sono radicalmente mutati rispetto anche solo a pochi decenni fa, nessun Paese europeo può più considerarsi una grande potenza.
L’illusione di essere ancora “grandi” fa sì che troppi governi continuano a vedere l’UE come un’arena di negoziazione tra interessi nazionali, anziché come un progetto necessario per difendere interessi comuni. La realtà è che oggi i Paesi europei si dividono in due categorie: i Paesi piccoli e i Paesi che ancora non hanno capito di essere piccoli.
Freni e rischi delle diseguaglianze
La terza e ultima lezione che l’UE deve interiorizzare è che nessuna strategia può avere successo senza il supporto delle proprie cittadine e dei propri cittadini.
Il progetto europeo si regge infatti su due promesse fondamentali: prosperità condivisa e valori democratici.
Negli anni, tuttavia, è andata rafforzandosi presso sempre più strati della popolazione la percezione che queste promesse siano state almeno in parte tradite. Da un lato, si è diffusa l’impressione che i benefici derivanti dall’integrazione europea abbiano riguardato in maniera sproporzionata i ceti più ricchi e i grandi soggetti economici, meglio attrezzati per trarre vantaggi da un’economia più dinamica e competitiva, con un conseguente aumento delle disuguaglianze sociali e territoriali. Dall’altro lato, troppi cittadini si sono sentiti non pienamente coinvolti nei processi decisionali europei. Queste criticità devono essere affrontate con un senso di urgenza, per ragioni di carattere sia economico sia politico. Non solo è infatti ormai assodato che le disuguaglianze rappresentano un freno strutturale alla crescita e un fattore di instabilità macroeconomico. Ma, soprattutto, il senso di disaffezione nei confronti delle istituzioni EU presta il fianco ai tentativi di destabilizzazione portati avanti da attori interni ed esterni.
Ultimatum all’Unione Europea
Il cambio di scenario imposto dalla seconda presidenza Trump rischia di rappresentare un ultimatum per l’Unione europea.
In questi anni, l’UE ha appreso lezioni che la mettono oggi nelle condizioni di poter scegliere la strada più ambiziosa. Ma perché questo percorso possa essere perseguito con successo, alcuni insegnamenti devono essere ancora interiorizzati e, soprattutto, messi in opera.
L’Unione Europea è un progetto politico che ha garantito pace, crescita e diritti a milioni di persone. Ma nessun progetto politico sopravvive senza un adattamento costante alle sfide del proprio tempo.
L’Europa del futuro non può essere costruita con gli strumenti del passato. La posta in gioco non è solo la competitività economica o il peso geopolitico dell’Europa nel mondo: è la capacità stessa dell’Unione di rimanere un punto di riferimento per chi crede in un modello di sviluppo basato sulla democrazia, sull’integrazione e sulla sostenibilità.
15 marzo 2025
Il testo
Il numero 8/2025 di federalismi.it si apre con l’editoriale di Enrico Letta L’Europa incompiuta: lezioni apprese e scelte necessarie per affrontare il nuovo disordine globale. Qui il testo integrale.
federalismi.it è una Rivista di diritto pubblico italiano, comparato ed europeo, fondata dal prof. Beniamino Caravita di Toritto.
L’autore
Enrico Letta è Decano della IE School of Politics, Economics and Global Affairs presso IE University e Presidente dell’Istituto Jacques Delors. È stato Presidente del Consiglio della Repubblica italiana e segretario nazionale del Partito Democratico.
La data
In occasione della giornata “Una piazza per l’Europa”, proposta da Michele Serra per sabato 15 marzo 2025, Euganeo.it propone alcune parti dell’editoriale di Enrico Letta. L’estratto e la sua titolazione sono della redazione di Euganeo.it.