Il nuovo Codice di buone pratiche rafforza il precedente del 2018.
L’hanno sottoscritto le principali piattaforme e imprese tecnologiche, che saranno monitorate da una task force.
Il 16 giugno è stato pubblicato presso la Commissione europea il Codice di buone pratiche rafforzato sulla disinformazione. É sottoscritto da 34 soggetti, tra i quali piattaforme, imprese tecnologiche ed esponenti della società civile, i quali hanno seguito gli orientamenti che la Commissione aveva dato nel 2021 e tenuto conto dell’esperienza maturata durante la pandemia e la guerra in Ucraina.
Si chiama codice rafforzato perché si basa sul primo codice di buone pratiche emesso nel 2018, in buona parte disatteso per essere poco rigoroso. Questo invece introduce impegni e misure più precisi, e inoltre è favorito dal fatto che nell’aprile scorso è stato approvato il Regolamento sui servizi digitali (Digital Services Act) che fa dei codici di condotta, compreso quello contro la disinformazione, uno strumento privilegiato di co-regolamentazione. Perciò questo codice di buone pratiche rafforzato forma un elemento essenziale del pacchetto di strumenti della Commissione per combattere la diffusione della disinformazione nell’UE.
I firmatari, tra cui figurano le principali piattaforme digitali, Meta, Google, Twitter, TikTok e Microsoft, disporranno di sei mesi per attuare gli impegni e le misure che hanno sottoscritto.
Questi i punti principali del nuovo codice contro la disinformazione, secondo il comunicato emesso dalla Commissione europea.
Ampliare la partecipazione – Il codice non è mirato esclusivamente sulle grandi piattaforme, ma coinvolge anche una serie di attori diversi, ognuno dei quali può svolgere un ruolo nel ridurre la diffusione della disinformazione. Inoltre si auspica l’adesione di ulteriori firmatari.
Ridurre gli incentivi finanziari per chi diffonde disinformazione – Fare in modo che i responsabili della disinformazione non beneficino di introiti pubblicitari.
Puntare l’attenzione anche sui nuovi comportamenti manipolativi – Sono account fasulli, bot o deep fake malevoli che diffondono disinformazione.
Dotare gli utenti di strumenti migliori – Riconoscere, comprendere e segnalare la disinformazione deve essere alla portata di tutti.
Dare impulso alla verifica dei fatti – Ciò deve avvenire in tutti i paesi e in tutte le lingue dell’UE, garantendo che il lavoro svolto dai verificatori dei fatti sia remunerato adeguatamente.
Garantire la trasparenza della pubblicità politica – Consentire agli utenti di riconoscere facilmente gli annunci di natura politica grazie a indicazioni più chiare e a informazioni riguardo agli sponsor, all’entità della spesa e al periodo di visualizzazione.
Rafforzare il sostegno ai ricercatori – Offrire un migliore accesso ai dati delle piattaforme.
Valutare l’impatto del codice – Istituire monitoraggio e relazioni periodiche delle piattaforme in merito alle modalità di attuazione dei loro impegni.
Istituire un centro per la trasparenza e una task force – Questi forniscano una panoramica agevole e trasparente dell’attuazione del codice, al fine di mantenerlo adeguato ai suoi obiettivi e alle esigenze future.
“Diffondere disinformazione non deve fare guadagnare un solo euro a nessuno” ha dichiarato con soddisfazione Thierry Breton, Commissario per il Mercato interno. “Il nuovo codice di buone pratiche sarà affiancato dalla legge sui servizi digitali, che prevede, fra le altre cose, l’introduzione di pesanti sanzioni dissuasive. Le piattaforme di dimensioni molto grandi che violano ripetutamente il codice e non attuano adeguate misure di attenuazione dei rischi rischiano infatti ammende fino al 6% del proprio fatturato mondiale“.
17 giugno 2022
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