La guerra chiamata per nome

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Arre e l’epigrafe collettiva dei monumenti della Grande Guerra: per la prima volta il marmo non serviva a ricordare solo un condottiero o una personalità ma tutti, nell’eguaglianza della morte; ora anche i nemici

Siamo arrivati a celebrare il secolo della Vittoria. La data dell’armistizio di Villa Giusti a Padova, quel 4 novembre 1918, poi diventato Festa nazionale.
Una ragione c’è per questa longevità. Ed è scritta sul marmo. È scritta sui monumenti in Veneto e in Puglia, in Friuli e in Sicilia, in Piemonte e in Abruzzo, come su tutti i monumenti di guerra che dalla fine del primo conflitto mondiale identificano le nostre comunità, quelle piccole, quelle con i confini delle parrocchie.
Domenica scorsa ad Arre, nella Bassa padovana, è stato celebrato il 4 Novembre come da tradizione, ricordando i propri caduti a causa della guerra e lo hanno fatti naturalmente accanto al monumento.
La tradizione è stata però arricchita per il Centenario: sono stati ricordati anche i 25 soldati austro-ungarici morti nel campo di prigionia allestito ad Arre nella Grande Guerra: un ricordo stabile, con una stele collocata nell’area del monumento ai caduti italiani che riporta incisi i nomi di questi altri giovani, morti quasi tutti per polmonite o dissenteria e sepolti nel cimitero di Arre.
Questo chiamare la guerra per nome, questo darle puntigliosamente tutti i nomi di coloro che aveva uccisi è stata una delle novità dopo il 4 Novembre 1918. Nei nostri paesi i monumenti ai caduti sono diventati da allora l’epigrafe collettiva, nella quale non conta il grado per essere ricordati. Era la prima volta che il marmo serviva a ricordare non un condottiero o una personalità, ma uno per uno tutti i caduti, in una uguaglianza nella morte che raggiungerà l’apice con il monumento al Milite Ignoto: lui pure degno di onore, anche se la guerra gli aveva tolto oltre alla vita anche il nome.
Ecco perché la Grande Guerra è arrivata fino a noi. Ecco perché è la Festa dell’Unità nazionale: l’unità geografica, certamente, ma altrettanto decisiva l’unità di un popolo.

11 novembre 2018