L’Introduzione del cardinale Matteo Zuppi alla sessione autunnale del Consiglio permanente dei vescovi.
È una “Chiesa segno di unità e pace” in mezzo a tanti altri soggetti e alle loro difficoltà.
Il cardinale Matteo Zuppi avvia la riflessione con i suoi confratelli vescovi, piantandola su una consapevolezza:
“In questo mondo, più di sempre, tutto si comunica: non si può pensare all’Italia isolata dall’Europa e dal resto del mondo; non si può pensare la Chiesa isolata o separata dalla contemporaneità”.
Aggiunge subito un’avvertenza, il presidente della Conferenza episcopale italiana:
“Questo non significa che la Chiesa sia “confusa”, sbattuta qua e là: non confusa, ma non separata”.
È, dunque, la Chiesa che è in Italia il soggetto dell’Introduzione dell’arcivescovo di Bologna alla sessione autunnale del Consiglio permanente dei vescovi italiani lunedì 25 settembre a Roma. I lavori si concluderanno mercoledì 27 settembre.
Dove stanno i cristiani italiani
È una “Chiesa segno di unità e pace” in mezzo a tanti altri soggetti e alle loro difficoltà.
“La guerra continua in Ucraina e non ci abituiamo ad essa”. “Penso al terribile conflitto in Sudan, dove 5 milioni di abitanti su 45 hanno dovuto lasciare le loro case”.
“Le guerre, il degrado ambientale, l’insicurezza, la miseria, il fallimento di non pochi Stati sono all’origine dei flussi di rifugiati e migranti. Si tratta di gestire con umanità e intelligenza un vasto fenomeno epocale. L’errore – non da oggi – è stato politicizzare il fenomeno migratorio, anche condizionati dal consenso e dalle paure”.
“La società italiana non è in pace. Penso ai femminicidi, spesso amara conclusione di un processo di violenza sulla donna”.
“Il mondo dei giovani è coinvolto dalla violenza: risse, bullismo, atti vandalici, violenze sessuali, ma anche spaccio, furti e rapine, a volte di baby gang”.
“Inflazione, crescita dei prezzi, caro bollette, lavoro povero sono i nuovi pesi che gravano in misura crescente sulle famiglie già più povere”.
“Conosciamo un continuo ripetersi quotidiano di incidenti sul lavoro che fanno aumentare, giorno dopo giorno, le vittime”.
Il cardinale Matteo Zuppi non fa la lista: prende posizione, racconta la posizione dei cristiani. Ed è inevitabile che le sintesi giornalistiche della sua Introduzione non riferiscano quindi le parole sulla Chiesa, ma quelle sui migranti e sulla guerra, sulla povertà e sui femminicidi. È inevitabile ed è anche importante per l’opinione pubblica sulla Chiesa e nella Chiesa. “Preservare l’identità della comunità ecclesiale non significa chiudersi in sé, nei nostri ambienti, nel nostro linguaggio”, avverte – del resto – proprio il cardinale Zuppi nelle prime righe di questa relazione.
Dialogare sulla comunità ecclesiale
Per realizzare il “Tutto si comunica” serve, però, la reciprocità. È utile e interessante che ciascuna delle situazioni di cui la Chiesa si propone e si sente come parte abbiano conoscenza della Chiesa. Ed è opportuno che le parole del presidente dei vescovi italiani siano occasione anche di dialogo della comunità ecclesiale al proprio interno e di confronto al proprio esterno.
Questo il contenuto dell’Antologia sulla Chiesa che Euganeo.it propone ai propri lettori con le parole di mons. Matteo Zuppi al Consiglio permanente di lunedì 25 settembre.
Matteo Zuppi
La Chiesa segno di unità e pace
La Chiesa è chiamata a essere minoranza creativa. La creatività nutre la missione ed è frutto del viverla, spinti dallo Spirito della Pentecoste, non subendo il mondo ma accettandone la sfida con serena consapevolezza e responsabilità.
La Chiesa in Italia, in vari aspetti, è una Chiesa di popolo, realtà da coltivare, mai da disprezzare, i cui confini non debbono essere tracciati da noi con il rischio di allontanare e rendere incomprensibile l’annuncio evangelico ma con la fiduciosa speranza del seminatore.
Dobbiamo annunziare e vivere il Vangelo, tutto il Vangelo e i comportamenti conseguenti, questo sì! Lo Spirito Santo dà e darà forma alle comunità. Siamo in ascolto dello Spirito. La Chiesa vive per il Vangelo e per gli altri, segno di unità e pace nelle città, nelle periferie, nelle aree interne, nell’Italia intera, ricordandole il destino comune di popolo.
La società italiana non è in pace
La società italiana non è in pace. Penso ai femminicidi, spesso amara conclusione di un processo di violenza sulla donna.
Il mondo dei giovani è coinvolto dalla violenza: risse, bullismo, atti vandalici, violenze sessuali, ma anche spaccio, furti e rapine, a volte di baby gang. I social sono il tam-tam dove si documentano le gesta.
Tutto avviene diversamente dal passato in pubblico: nella “fornace” dei social, spietati e agonistici. Nessuna generazione prima ha conosciuto quest’esperienza: ci si deve autodefinire, si deve mettere il volto e il corpo in mostra, si misurano quanti ti seguono. È facile sui social sbagliare e finire alla gogna, segnati dall’ansia, alimentata dalla crisi dei grandi sogni collettivi e da reti educative e relazionali molto più fragili.
L’educazione non è un’emergenza ma è la quotidianità della vita della Chiesa. Abbiamo un potenziale straordinario di gente che lavora per l’educazione da anni e in tante parti d’Italia.
C’è qui un aspetto significativo della nostra vocazione, espressa non solo nelle istituzioni educative, ma in tutti gli ambiti della Chiesa e nel rapporto con i giovani.
Non dobbiamo aver timore di fronte alle nuove generazioni. Abbiamo risorse profonde, un’umanità che si mette al servizio dei più giovani. Abbiamo un tesoro di vita e di senso.
Vorrei ricordare come padre Pino Puglisi sia per certi verso un martire dell’educazione, perché mostra come si cambia un quartiere oppresso dall’“educazione” mafiosa proprio offrendo alternative serie, coinvolgenti, migliori. Lo ha fatto come sacerdote, maestro, uomo, a mani nude, con fede e passione, fino al dono della vita. Diceva don Pino agli educatori: «Dio ci ama, ma sempre tramite qualcuno».
La compassione per le folle in una Chiesa più familiare
Proprio pensando ai giovani, alle donne e uomini del nostro Paese, vorrei fare riferimento a una pagina del Vangelo, a me sempre molto cara, in cui emerge la “compassione” di Gesù: «Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore” (Mt 9, 37-38).
L’espressione “folla” ben si adegua alla realtà sociale, composta sovente da donne e uomini, soli o impoveriti nelle relazioni, privi di reti. Anche spaesati, spaventati di un futuro che non aspettano con nessuno.
La compassione è amare non un popolo anonimo, ma persone di cui si comincia a conoscere il nome, che hanno volti e storie.
Evangelizzare, uscendo dai nostri recinti, non è proselitismo verso una folla. Evangelizzare è incontrare, conoscere, comunicare personalmente la Parola di Dio, divenire amici e fratelli.
La comunione
Sinodalità vuol dire rimettere in discussione le arroccate solitudini ecclesiali nell’incontro, nella comunione, nell’ascolto, nell’impegno missionario enorme che ci attende confrontandoci con la folla e le sue sofferenze. In fondo è la malattia della società che prende la Chiesa e isola gli uni dagli altri, magari nella contrapposizione. Invece mai senza l’altro!
Ci misuriamo con la realtà in cui siamo, la città, il territorio, il quartiere. Questa realtà è il centro della nostra cura e del nostro impegno. Niente e nessuno sono il centro. Nemmeno la parrocchia. Il centro è Gesù e il prossimo che ci affida: sono gli altri con cui vivere, cui comunicare il Vangelo. Cambia la geografia della Chiesa.
Roma, 25 settembre 2023
Immagine di copertina
Il sacerdote siciliano don Giuseppe Puglisi. Ucciso a Palermo, per mano mafiosa, il 15 settembre del 1993, è stato proclamato beato dalla Chiesa cattolica nel maggio del 2013. Il disegno è da Gruppo consiliare PD Regione Lazio.
Testo
Il testo integrale dell’Introduzione del cardinale Matteo Zuppi. Estratto dall’intervento a cura della redazione di Euganeo.it.