Il populismo è il rifugio di un popolo senza casa

/

Romano Prodi: l’aumento delle disparità ingigantisce le paure.

Il “richiamo” dei sei milioni di elettori persi dal Partito Democratico.

Come “l’Europa che vogliamo” può essere sociale, verde, giusta?

La risposta non arriverà solo dall’Europa, non la darà solo Bruxelles. “Esiste anche il problema dei contenuti della nostra politica economica e sociale”, dice Romano Prodi rivolgendosi direttamente ai Democratici italiani. Lo ha richiamato il 16 dicembre scorso al Forum Europa del Partito Democratico, dedicato a “Sociale Verde Giusta. L’Europa che vogliamo”.

Il testo di quell’intervento è ora messo a disposizione dalla rivista della Fondazione Italianieuropei nel suo primo numero del 2024. Spiega la rivista: “L’approssimarsi del voto per il rinnovo del Parlamento europeo impone una riflessione sulle proposte su cui i partiti e le famiglie politiche europee si confronteranno e, soprattutto, sul modello di Europa che intendono costruire alla luce dei cambiamenti sopraggiunti degli ultimi anni e che riguardano sia gli scenari globali sia quelli interni al continente”.

Nel suo articolato intervento Romano Prodi, economista, fondatore dell’Ulivo in Italia e presidente della Commissione Europea, va ancora più a fondo. Individua anche la svolta culturale (e conseguentemente di azione politica) cui sono chiamati i riformisti italiani per costruire l’Europa che vogliono: sociale, verde, giusta.

“Per lunghi anni – scrive, infatti – i partiti riformisti sono stati spinti ad adottare gli stessi slogan costruiti dal pensiero unico, perché, si dice, solo con questi si vincono le elezioni. Non è vero. Non è vero perché l’elettore preferisce sempre l’originale alla copia”.

Su questo specifico aspetto, Euganeo.it propone un estratto della relazione di Romano Prodi.

27 febbraio 2024

Romano Prodi

Il progetto al posto del compromesso

Per lunghi anni noi riformisti siamo apparsi procedere senza una bussola. Credo che sia il momento del cambiamento. Se per venticinque o trenta anni il libero mercato assoluto è stato una specie di teologia, da dieci anni a questa parte per il mondo accademico e per la pubblica opinione questo approccio è cambiato. L’iniquità nella distribuzione del reddito è diventata un punto comune di biasimo e di allarme.

L’Italia delle divaricazioni economiche

Un cambiamento nel pensiero c’è stato, ma non ancora nella politica. I prossimi anni debbono essere quelli del cambiamento della politica perché le disparità continuano ad aumentare.

L’ascensore sociale non funziona più in nessun paese e meno di tutti funziona nella nostra Italia. È sostituito dal dominio delle paure. La priorità non è più la giustizia sociale, ma la fuga dalle grandi paure, che sono l’immigrazione, la globalizzazione, le tasse. Ed è con questo che vengono vinte le elezioni.

E l’Italia è il paese che più sta soffrendo di queste divaricazioni economiche. I nostri salari non stanno tenendo il passo con nessuno degli altri grandi paesi europei. Il succedersi dei governi di coalizione, insieme alle debolezze dei partiti, ha fatto sempre prevalere l’oggi sul domani, il compromesso sul progetto e noi, invece, abbiamo bisogno di un progetto. Io spero che il PD rimetta al centro la costruzione di un progetto politico.

Il populismo non è un evento casuale, ma è il rifugio di un popolo che non trova la sua casa nei partiti. E molti non l’hanno più trovata neanche nel PD.

Se in quindici anni il PD ha perso la metà dei suoi elettori, quasi 6 milioni, significa che dobbiamo fare molta strada per costruire una via italiana e una via europea e il PD ha la responsabilità nazionale, per la sua storia europeista e per il rapporto ancora forte con la società.

L’Italia che cerca dialogo nel PD

Perché con tutte le debolezze, che ho sentito il dovere di mettere in rilievo, resta l’unico partito politico in Italia ancora capace di parlare con i suoi elettori, l’unico che ha sempre avuto forti e coerenti radici a Bruxelles, con uno spartiacque chiaro fra europeisti ed euroscettici; non con gli equilibrismi fra Budapest e Bruxelles che il governo Meloni persegue, ma con un programma europeo elaborato e discusso a livello nazionale, anche per gli interessi del nostro paese, ma con il continuo riferimento all’Europa.

Nonostante la sua profonda crisi l’Italia non produce soltanto talenti individuali, produce gruppi di persone, associazioni, organizzazioni culturali e scientifiche e think tank che sono pronti ad arricchire la nostra presenza nelle istituzioni italiane ed europee e la maggior parte di queste realtà vuole soprattutto dialogare con il PD, perché ne riconosce la capacità di attrazione e la coerenza nell’essere fedele ad alcuni obiettivi di dialogo con l’Europa e vede nel PD l’interlocutore più credibile e autorevole, anche se ancora frammentato e incerto.

16 dicembre 2023

In copertina

I raiders sono quasi il simbolo dell’impoverimento del lavoro. Foto dalla pagina della Delegazione del PD al Parlamento Europeo.

Testi

Il testo completo dell’intervento di Romano Prodi pubblicato da Italianieuropei 1/2024.

L’estratto e la sua titolazione sono della redazione di Euganeo.it.

Dallo stesso testo di Romano Prodi un altro estratto in Euganeo.it: L’Europa: un buon pane, poco cotto.