Il fisco trasformato in Robin Hood alla rovescia

//

Il governo Meloni ha reso nota una bozza di legge delega. 

Abbassa le tasse a favore dei redditi medi e alti, e intanto si tolgono tra i due e i tre miliardi ai più poveri; ma agli industriali ancora non basta. 

Il governo Meloni ha messo in cantiere la riforma fiscale, preparando una bozza di legge delega che sarà varata la prossima settimana. L’intento è di comprendere tutti i campi della materia, escluso il catasto, e questo si evince dal titolo dei 21 articoli. Meno convincente è l’intento dichiarato: da una parte abbassare le tasse, dall’altra indurre i contribuenti a dichiarare il vero attraverso le precompilate e ad adeguarsi spontaneamente alle richieste del fisco (la cosiddetta compliance). Gli accertamenti dovrebbero essere biennali e concordati, promettendo di non mandare comunicazioni in agosto e dicembre.
È stato definito un Robin Hood all’inverso il concomitante annuncio della riforma fiscale con la modifica del reddito di cittadinanza: togliere ai poveri per dare ai ricchi. Riducendo la platea degli aventi diritto e tagliando l’entità e la durata degli assegni, si toglierebbero 2 o 3 miliardi dagli 8 che fino al 2022 si destinavano al Reddito.

Abbassare l’Irpef, la cosa più rilevante. Sarà ridotta a tre aliquote, ma con l’obiettivo di ridursi a una sola per tutti. L’entità delle aliquote sarà definita nei decreti attuativi, ma dovranno tradursi in tasse più basse. Il previsto accorpamento delle due aliquote centrali creerebbe un maxi scaglione intermedio (da 15 a 50 mila euro) che avrebbe la conseguenza di beneficiare chi guadagna tra 28 e 50 mila euro lordi annui (l’ipotesi è del 27 per cento), ma anche chi guadagna di più. Il costo per l’Erario sarebbe elevato, mentre sarebbero più esposti i lavoratori dipendenti con basso salario.
Vincenzo Visco, già ministro delle Finanze del governo Prodi e professore di Scienza delle Finanze, l’ha definita una riforma molto costosa per la quale non ci sono le risorse.
Da un lato c’è chi difende il welfare, e chi invece vuol tagliare le tasse per tagliare il welfare. Il sistema sanitario sta per implodere, abbiamo esigenze di spesa pubblica rilevante, e qui invece c’è un taglio di tasse per tutti”. E ha aggiunto: “Penso che proporre un concordato biennale a contribuenti fra i quali – lo dicono i dati ufficiali – c’è chi evade già il 70 per cento di Iva e fatturato a mio avviso è sbagliato. Con l’ultima legge di bilancio è stato assicurato il forfait al 15 per cento fino a 85mila euro alle partite Iva.“.
Su questo concetto si è espresso anche l’economista Carlo Cottarell, senatore del PD.
Il Vice Ministro Leo sostiene che gli accertamenti dovrebbero essere biennali e concordati, con periodi di “quiete” ad agosto e dicembre. Ossia, ci mettiamo d’accordo e poi per due anni non disturbo, soprattutto se vai al mare o a sciare. Giusto così. Facciamo lo stesso per i lavoratori dipendenti!“.

L’equità orizzontale: tassa piatta per tutti. Per eliminare le differenze di trattamento fiscale oggi presenti fra le diverse categorie di reddito, la bozza di riforma propone un allineamento della No Tax Area (soglia di reddito entro la quale l’imposta dovuta è pari a zero) tra dipendenti e pensionati e un’estensione ai dipendenti della Flat Tax (tassa piatta) incrementale e soprattutto, per cercare le coperture, nuovi vincoli all’utilizzo degli sconti fiscali. Detrazioni e deduzioni saranno parametrate al reddito. Dal calcolo resterebbero però escluse le detrazioni per le spese sanitarie, di istruzione e per interessi passivi sui mutui prima casa, oltre le detrazioni e i crediti d’imposta finalizzati all’efficienza energetica e al rischio sismico del patrimonio edilizio.

Gli industriali: le tasse delle imprese a noi, non allo Stato. Ma tutto questo a qualcuno non basta.
Se si parla solo di rimodulazione delle aliquote non è questa la strada” ha commentato prontamente Carlo Bonomi, presidente di Confindustria. “Noi ci aspettiamo un capovolgimento, una riforma organica, se come ho letto si sta pensando di utilizzare il fisco su strumenti come nuove assunzioni, si sta sbagliando strada“. E ha spiegato: “Per le assunzioni ci sono i contributi, mentre il fisco di impresa deve servire come leva di competitività e quindi favorire investimenti e capitalizzazione, cioè la crescita. Spero che la strada sia ben chiara”. E ha aggiunto per chiarire meglio: “Non più un fisco visto come gettito fiscale per lo Stato, ma amico delle imprese, di chi vuole fare, che premi chi investe e chi capitalizza le proprie imprese“.

12 marzo 2023