Nel giorno del “compleanno” dello statista cattolico-democratico.
Un prezioso compagno di strada anche nel Cammino sinodale della Chiesa.
Nascere austriaco, ricostruire l’Italia, fondare l’Europa: quando il 3 aprile 1881 Alcide De Gasperi viene al mondo a Castel Tesino, il Trentino è territorio dell’Impero austro-ungarico. Diventerà un Padre fondatore della Repubblica italiana attraverso l’impegno nella Democrazia Cristiana. Assieme al francese Robert Schuman e al tedesco Konrad Adenauer, due statisti come lui cristianamente ispirati, avvierà il processo di unificazione europea.
Ispirazione e azione politica – Per questo farne memoria nel suo 142 “compleanno” non è solo rendergli onore: è occasione per provare a rintracciare nella sua ispirazione sociale e nella sua azione politica suggerimenti per il tempo presente.
Questo è ancora tempo di guerra in Europa. È ancora tempo della ricerca di nuovi equilibri mondiali con la minaccia della forza. È ancora tempo di “revisionismo” politico in Italia.
Tempo difficile, dunque; ma lo era anche quello nel quale Alcide De Gasperi ha compito le sue scelte e orientato quelle degli italiani. Il presidente Sergio Mattarella, nell’anniversario di due anni fa, ci ha proposto una efficace sintesi.
“Riuscì a dare un nuovo fondamento all’idea di Patria, lontana dai nazionalismi regressivi che avevano gettato il Continente nella barbarie e lo fece anche aprendo le porte al risorgere dell’idea di Europa. La necessaria ricomposizione dell’unità nazionale, dilaniata negli anni dell’alleanza nazi-fascista, trovava per De Gasperi una garanzia nella scelta occidentale e in quel progetto di unità europea, allora un ideale e oggi una straordinaria opportunità oltre che una responsabilità storica“.
Testamento ed eredità – Questo è anche il tempo del Cammino sinodale della Chiesa universale e della Chiesa italiana: è una Chiesa che prova a mettersi in cammino sulla strada del villaggio globale e dei villaggi “sociali”; lo fa per incontrare e per trovare compagni di viaggio.
“Dirsi cristiani nel settore dell’attività politica non significa aver diritto di menar vanto di privilegi in confronto di altri, ma implica il dovere di sentirsi vincolati in modo più particolare da un profondo senso di fraternità civica, di moralità e di giustizia verso i deboli e i più poveri“.
Alcide De Gasperi esprime questa consapevolezza nel 1950 in un discorso ai giovani. È il popolo che viene prima della Chiesa, è il bene comune che non deve essere messo in discussione dall’appartenenza. Tempi non facili, quelli, neppure sotto questo aspetto. Pietro Nenni, guida storica del socialismo italiano, nel proprio diario del 1952 riporta questa confidenza di De Gasperi: “Sono il Primo Presidente del Consiglio cattolico. Credo di aver fatto verso la Chiesa tutto il mio dovere. Eppure, sono appena tollerato”. E il riferimento è alla Chiesa del tempo. Ma De Gasperi non se ne lasciava condizionare, tanto che il 20 marzo 1954 al Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana dice: “Il credente agisce come cittadino nello spirito e nella lettera della Costituzione e impegna se stesso, la sua categoria, la sua classe, il suo partito, non la Chiesa”. Gli storici riferiscono che Papa Pio XII non ne fu per niente contento.
Ci sono molte ragioni, dunque, per “incontrare” Alcide De Gasperi nel giorno del suo compleanno; in particolare per coloro che – nelle mutate condizioni della società e della politica – provano a continuarne la presenza dei cattolici nella Repubblica e in Europa. Per noi c’è – dunque – anche l’impegno a rispettarne il testamento e a valorizzarne l’eredità. Testamento ed eredità che il vescovo e teologo mons. Nunzio Galantino ha ben sintetizzato.
“La politica che De Gasperi ha praticato era ben lontana dalla presunzione che la politica fosse tutto e che ad essa potesse essere chiesto ciò che invece non può dare: forza interiore, resistenza al male, disposizione interiore alla solidarietà. (…) De Gasperi ha dato una dignità diversa al laicato cattolico: lo ha reso adulto, protagonista. E, pur rispettando la Chiesa e il papato, ha capito di che cosa era capace il popolo italiano e in particolare i laici cattolici. (…) La pazienza e il coraggio di De Gasperi nella ricostruzione politica, economica e civile dell’Italia sconfitta fu il miglior regalo alla storia del cattolicesimo politico italiano: portare la Chiesa a confrontarsi con la democrazia e fare dei cattolici italiani il pilastro di quest’ultima“.