CARTOLINA / 25 Aprile 2024
La poesia
di padre Davide Maria Turoldo,
uno dei “ribelli per amore”.
Torniamo alla Festa della Liberazione.
Essere in Festa: è desiderio, è sfida in questo 25 Aprile 2024.
Oggi si sommano polemiche (oltre il solito),
paure per il futuro (giustificate dalla censura della Rai allo scrittore Scurati),
tragica attualità di guerra (con la soluzione tragicamente affidata alle armi).
Serve tornare alla speranza della Liberazione
come l’hanno preparata e vissuta nella Resistenza
i combattenti e i testimoni della libertà
mentre fascismo e nazismo sembravano invincibili.
Uomini buoni e diversi
Tra queste persone,
nella Milano dei primi anni Quaranta dello scorso secolo,
incontriamo padre Davide Maria Turoldo,
friulano, religioso servita e poeta.
In una conferenza del 1975, trent’anni dopo la Liberazione,
ne ha parlato come di “un fatto totale”,
non “soltanto la cacciata dell’invasore tedesco,
non […] solo l’abbattimento della dittatura fascista
ma […] la ricerca, il bisogno e l’attesa di un profondo rinnovamento […] spirituale,
cioè la speranza di essere uomini buoni e diversi”.
Torniamo con il cuore e la poesia padre Turoldo
a quella speranza, per vincere le paure di questo 25 Aprile.
Torniamo ai giorni del rischio
Torniamo ai giorni del rischio,
quando tu salutavi a sera
senza essere certo mai
di rivedere l’amico al mattino.
E i passi della ronda nazista
dal selciato ti facevano eco
dentro il cervello, nel nero
silenzio della notte.
Torniamo a sperare
come primavera torna
ogni anno a fiorire.
E i bimbi nascano ancora,
profezia e segno
che Dio non s’è pentito.
Torniamo a credere
pur se le voci dai pergami
persuadono a fatica
e altro vento spira
di più raffinata barbarie.
Torniamo all’amore,
pur se anche del familiare
il dubbio ti morde,
e solitudine pare invalicabile…
La Resistenza di padre Davide Maria Turoldo è stata onorata
assieme a quelle di Giuseppe Lazzati, Don Giovanni Barbareschi,
Don Aurelio Giussani, Teresio Olivelli
qualche settimana fa a San Donato Milanese
dall’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani in un appuntamento
dedicato ai “ribelli per amore” (come disse di sé uno di questi eroi, Teresio Olivelli).
La Resistenza delle perpetue
Cito i loro nomi,
ma è come se scrivessi centinaia di migliaia di persone,
perché la Resistenza è stata vissuta da tutta la popolazione italiana
che voleva vivere in libertà, che non voleva più veder morire i propri figli,
che salvava chi era in pericolo avendo cura della sua vita e non di chi fosse.
E lo ha fatto ovunque si trovasse.
In molte canoniche, ad esempio.
C’è un aspetto che si tende a dimenticare quando si parla di sacerdoti:
le perpetue. Figura importantissima
se pensiamo che proprio a loro veniva chiesto di curare le ferite,
di nascondere i fuggiaschi, nutrirli, vestirli.
Bisognerebbe rivalutare queste persone e ridare loro la giusta importanza,
perché senza questa figura così importante,
i sacerdoti non sarebbero riusciti a fare tutto quello che hanno fatto.
Ha dato alle perpetue il loro posto della Resistenza
Luisa Ghidini Comotti nell’appuntamento
dell’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani a San Donato Milanese.
In copertina
Particolare della locandina del convegno organizzato dall’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani a San Donato Milanese.