Il rapporto tra maternità e lavoro non incide solo sulla sfera dei diritti individuali delle donne; è anche parte della più generale questione della denatalità.
Un giovane imprenditore di Macomer ha accolto subito la sollecitazione di Papa Francesco.
Mirko Manca è un giovane (ha 33 anni) imprenditore di Macomer, Sardegna. Nella SardaFuoco, la sua azienda specializzata nell’assistenza per i camini a legna, nel gennaio dell’anno scorso entra come impiegata anche Lorena, mamma di due bambine: la loro nascita e crescita l’avevano tenuta fuori per qualche anno dal mercato del lavoro; ci lavora con un contratto a tempo determinato, il cui ultimo rinnovo arriva fino al 31 dicembre. Lorena però smette di andare in ufficio qualche settimana prima: è incinta e il bambino nascerà entro gennaio. Questo terzo figlio suo e del marito Alessandro non la riporterà però fuori dal lavoro di nuovo. In tempo perché in quella famiglia il Natale fosse sereno, Mirko Manca propone a Lorena un contratto non più precario ma a tempo indeterminato in modo che al termine del periodo di maternità alla SardaFuoco lavori anche una mamma di tre bambini.
I bambini sono la grande questione nazionale. Questo giovane, piccolo imprenditore di Macomer ha accolto subito la sollecitazione che Papa Francesco aveva rivolto tre mesi prima a personaggi molto più “grandi” di lui, gli imprenditori di Confindustria andati in Vaticano a tenere la loro assemblea pubblica: “Alle volte, una donna che è impiegata qui o lavora là, ha paura a rimanere incinta, perché (…) c’è una realtà che appena si incomincia a vedere la pancia, la cacciano via. (…) Questo è un problema delle donne lavoratrici: studiatelo, vedete come fare affinché una donna incinta possa andare avanti, sia con il figlio che aspetta e sia con il lavoro”.
Finora non lo devono aver ascoltato in molti, visto che Mirko Manca e Lorena Piras da Macomer hanno “fatto notizia” a livello nazionale (non solo in Sardegna). Sono stati raccontati come una curiosità, perché corrispondono alla prima regola del giornalismo: non fa notizia un cane che morde un uomo, ma un uomo che morde un cane.
Agli imprenditori di Confindustria Papa Francesco non aveva comunque posto un tema di “consuetudini” interpersonali e di comportamenti aziendali, che sono i soli ad aver incuriosito i giornalisti. Il rapporto tra maternità e lavoro non incide, infatti, solo sulla sfera dei diritti individuali delle donne; è anche parte della più generale questione della denatalità; questione che il Santo Padre propone agli imprenditori come paradigma di una revisione complessiva del lavoro. “Il problema del lavoro non può risolversi se resta ancorato nei confini del solo mercato del lavoro: è il modello di ordine sociale da mettere in discussione. Quale modello di ordine sociale? E qui si tocca la questione della denatalità. (…) Oggi fare i figli è una questione, io direi, patriottica, anche per portare il Paese avanti”.
Con uno stile diverso, ma con la stessa chiarezza sul rapporto lavoro-natalità è intervenuto anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Non è il lavoro ad allontanare dalla maternità bensì le carenze a supporto della stessa”. In occasione della seconda edizione degli Stati generali della Natalità nel maggio scorso, Mattarella ha inviato al Presidente della Fondazione per la Natalità e del Forum delle Associazioni Familiari, Gianluigi De Palo un messaggio, in cui richiama anche la responsabilità delle imprese, oltre che delle istituzioni: “Un apporto essenziale può venire dalla conciliazione dei tempi di cura della famiglia e dei tempi di lavoro. È questione che interpella anche le imprese e la loro funzione sociale. Non può esservi opposizione tra impegno professionale, attività lavorativa e scelta di maternità. La Repubblica non può privarsi dei talenti della piena partecipazione femminile”.
Quando la società coglieva le spinte dei tempi nuovi. A Macomer, nella provincia italiana che ha la più alta percentuale di centenari, Lorena e Alessandro hanno accettato la sfida del terzo figlio e il giovane imprenditore Mirko Manca ha scelto che quel bambino (con le sue due sorelle) non fosse solo “affare loro”. Quando considerare i figli come “fatti nostri” e non come “fatti loro” (dei genitori) diventerà una condivisa e concreta scelta della comunità nazionale, l’Italia tornerà sulla strada del futuro.
Tornerà, perché è una strada che l’Italia conosce.
Ricorda Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica: “Se pensiamo alla fase, nel secondo dopoguerra, in cui l’Italia è maggiormente riuscita a cogliere le sfide dei tempi nuovi – espandendo opportunità e favorendo la mobilità sociale – le condizioni demografiche erano del tutto diverse a quelle attuali. Negli anni Cinquanta e Sessanta, la popolazione italiana cresceva ed aveva la struttura di una solida piramide, con molti più giovani e molti meno anziani rispetto a quella attuale (e ancor più a quella futura)”.
E c’è una “segnaletica” molto precisa per ritrovare quella strada:
La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
È l’articolo 31 della Costituzione repubblicana. Il Presidente Sergio Mattarella l’ha citato nel messaggio prima ricordato agli Stati generali della Natalità, ricordando che “assumere con determinazione l’obiettivo di affrontare la crisi della struttura demografica del Paese, favorendo la famiglia e l’adempimento dei relativi compiti, è responsabilità delle istituzioni a tutti i livelli”.
Ha anche scritto che “le politiche per la famiglia sono un contributo essenziale allo sviluppo equilibrato e sostenibile del Paese”. E quindi: “Occorre insistere nel perseguire condizioni che consentano alle giovani generazioni di costruire il proprio futuro e, in questo senso, va garantita piena dignità ai giovani, alle donne, alle famiglie”.
8 gennaio 2023