Agrivoltaico sostenibile: i campi non cambiano destinazione d’uso

ENEA ha creato una rete nazionale per promuovere conoscenze e metodologie.
Lo sviluppo del fotovoltaico in agricoltura.

Produrre energia e contemporaneamente sullo stesso posto fare agricoltura. Si può, installando i pannelli fotovoltaici a una certa distanza dal suolo, in modo da consentirne la coltivazione. Come? Questo è ciò che Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) vuole codificare, in modo da soddisfare le varie esigenze che si sommano in questa operazione: tecniche, energetiche, economiche, agricole, paesaggistiche. Il tutto nella logica della sostenibilità e con l’obiettivo di ridurre il costo dell’energia e contemporaneamente l’anidride carbonica nell’aria.
Il nome del progetto è Agrivoltaico sostenibile, e a questo Enea chiama a contribuire tutti i soggetti che possiedono conoscenze specifiche. Hanno già risposto all’appello l’Associazione Italiana Architettura del Paesaggio (AIAPP), Confagricoltura, Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e Forestali (CONAF), Coordinamento FREE (Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica), Italiasolare, Legambiente, REM Tec, Società Italiana di Agronomia (SIA) e Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. Le dichiarazioni di interesse si raccolgono sul sito dedicato: www.agrivoltaicosostenibile.com.
Secondo uno studio ENEA-Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, le prestazioni economiche e ambientali degli impianti agrivoltaici sono simili a quelli degli impianti fotovoltaici a terra, soprattutto se si utilizzano tensostrutture per limitare l’impiego di acciaio e cemento: il costo dell’energia elettrica prodotta risulta essere di circa 9 centesimi di euro per kWh, mentre le emissioni di gas serra ammontano a circa 20 g di CO2eq per megajoule di elettricità.
Alessandro Agostini, ricercatore ENEA tra gli autori dello studio, spiega: “I valori aggiunti sono rilevanti, in quanto alcune tipologie di installazioni agrivoltaiche (es. pannelli a 5 m di altezza, ricorso a tensostrutture) incidono in misura relativamente limitata sul consumo di suolo rispetto agli impianti a terra e, in specifiche condizioni ambientali (es. stress idrici), possono permettere di conseguire un aumento della resa di alcune colture in quanto l’ombra generata dagli impianti agrivoltaici, se ben calibrata, riduce la temperatura del suolo, e il fabbisogno idrico delle colture. In specifici contesti, l’agrivoltaico può contribuire ad aumentare la resilienza del settore agroalimentare rispetto agli impatti del cambiamento climatico e contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030“.

Foto: la home page del sito Agrivoltaico Sostenibile

18 maggio 2021