Sergio Mattarella: “È stata – come Aldo Moro aveva auspicato – la reazione morale del popolo italiano a fare la differenza, nella lotta ai terrorismi e all’eversione, facendo prevalere la Repubblica e la sua legalità”.
Il 9 maggio di 45 anni fa, dopo 55 giorni di prigionia, fu ritrovato in via Caetani a Roma il corpo senza vita di Aldo Moro, assassinato dalle Brigate Rosse. Proprio perché quello è stato il giorno del più dirompente attacco terroristico alla Repubblica, il 9 maggio è ora il “Giorno della Memoria dedicato alle vittime del terrorismo”.
“Indirizzandosi contro lo Stato, ordinatore e garante, la violenza colpisce tutti e mette in forse la nostra libertà”, aveva detto proprio Aldo Moro onorando il magistrato Francesco Coco, assassinato dalle Br due anni prima di Moro.
Ed è per questo che in questo 9 maggio si sono raccolte attorno al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella molte persone che portano le cicatrici di ferite inferte dal terrorismo. Perché la morte resta e perché a ciascuna delle vittime dei terroristici chi l’ha conosciuta può applicare le parole che san Paolo VI ha usate per definire Aldo Moro: “Uomo buono, mite, saggio, innocente e amico”.
Quasi quattrocento vittime
“Le cifre di quei tragici eventi sono impressionanti: quasi quattrocento vittime per il terrorismo interno, ai quali vanno aggiunti i caduti per il più recente fenomeno del terrorismo internazionale. Tra di loro appartenenti alle Forze dell’ordine, magistrati, militari; uomini politici e attivisti; manager e sindacalisti; giornalisti; ignari passanti, tra cui donne e bambini.
Tutti erano in pericolo, nessuno venne risparmiato. Ciascuno di loro fa parte, a pieno titolo, della storia repubblicana”, rassicura il Presidente.
E così una parte importante del suo discorso di oggi è fatta di nomi “di alcune vittime, delle quali ricorrono anniversari significativi. Vi sono, tra questi, nomi noti e meno noti. Ma che dimostrano, tutti insieme, quanto sfrontata e minacciosa – dice Sergio Mattarella – sia stata la sfida recata allo Stato e alla convivenza civile da parte della violenza ammantata da ideologia”.
Il progetto di Aldo Moro
Attorno ad Aldo Moro, in quel 9 maggio 1978, si ritrovò l’Italia: a piangere, ma anche a difendere la Repubblica. Quel ritrovarsi degli italiani è il progetto politico che nel nome di Moro e di tutte le vittime del terrorismo il Presidente Mattarella propone ancora, per oggi.
Sergio Mattarella
Palazzo del Quirinale, 9 maggio 2023
Celebriamo sempre con grande emozione, ogni anno, questa giornata. Per far memoria della lunga scia di attentati, stragi, delitti politici che ha insanguinato la storia della nostra Repubblica; e che ha trovato il suo momento di ricordo nella ricorrenza dell’assassinio di Aldo Moro, di cui ricorre oggi il 45° anniversario.
Una giovane Repubblica, che si è trovata a fare i conti con il terrorismo politico; con le stragi, talvolta compiute con la complicità di uomini da cui lo Stato e i cittadini si attendevano difesa; con la violenza politica, tra giovani di opposte fazioni che respiravano l’aria avvelenata di scontro ideologico.
I terroristi e i loro complici – così come i cattivi maestri che hanno sostenuto e propagandato la violenza politica – hanno attentato alla vita di donne e uomini, con l’obiettivo dichiarato di scardinare l’ordinamento democratico.
Protagonista il popolo italiano
È stata – come Moro aveva auspicato – la reazione morale del popolo italiano a fare la differenza, nella lotta ai terrorismi e all’eversione, facendo prevalere la Repubblica e la sua legalità.
Un popolo che, nella sua stragrande maggioranza, ha respinto le nefaste velleità di chi avrebbe voluto trascinare l’Italia fuori dal novero delle nazioni libere e democratiche. Un popolo che, memore dei disastri della guerra, ha rifiutato con decisione l’uso della violenza come arma per la lotta politica.
Si è molto parlato negli ultimi decenni dei terrorismi e dei terroristi. Della loro vita, dei loro complici, delle loro presunte ideologie, delle cause che han fatto da base alla loro scelta di lotta armata. Delle gravi deviazioni compiute da elementi dello Stato, e per le quali avvertiamo tuttora l’esigenza, pressante, di conoscere la piena verità. Su questi argomenti esistono molti studi, numerose pubblicazioni, tante trasmissioni televisive, anche di interesse e pregio.
Meno si è, invece, scritto e parlato della reazione unanime del popolo italiano. Meno dei servitori dello Stato, che hanno posto a rischio la propria vita per combattere violenza ed eversione. Meno di chi, nelle fabbriche, nelle università, nei vari luoghi di lavoro, ha opposto un no, fermo e deciso, a chi voleva ribaltare le regole democratiche. Ancor meno si è parlato del dolore, indicibile e irrecuperabile, delle famiglie a cui la lotta armata o i vili attentati hanno strappato un coniuge, un figlio, un genitore, un fratello o una sorella.
Eppure sono state queste persone, non i terroristi, a fare la storia d’Italia. A scriverne la parte decisiva e più salda. A esprimere l’autentico animo della nostra società e non la sua patologia. A costituire un patrimonio collettivo di memoria e di esempio per tutte le generazioni.
Anche questi uomini e queste donne vuole ricordare oggi la Repubblica, in questa giornata dedicata alle vittime dell’eversione e del terrorismo.
Confrontarsi nelle Istituzioni
Queste vittime parlano a tutti noi, parlano ai nostri giovani, sollecitandoli a fare delle istituzioni il luogo autentico del confronto politico, a non lasciarsi accecare dall’odio né tentare dalla violenza per imporre le proprie convinzioni.
La democrazia della nostra Repubblica si nutre di tolleranza, di pazienza, di confronto, di rispetto. È una strada che a taluno appare lunga e faticosa ma è l’unica di progresso della convivenza. L’unica capace di ottenere e mantenere nel tempo pace, serenità, benessere, diritti a tutti i cittadini.
È questo l’insegnamento che ci proviene dalle tante, troppe vittime del terrorismo e dell’eversione. Intorno alla loro memoria ci stringiamo oggi commossi per ribadire con determinazione: mai più violenza politica, mai più stragi.
Estratto e titolazione a cura della Redazione di Euganeo.it
Foto: Segretariato generale Presidenza della Repubblica