La Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo, con le meditazioni scritte dal Santo Padre.

La “sfida” del Crocifisso in una vignetta di Don Giovanni Berti.
È Papa Francesco quest’anno a redigere le meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo. È la prima volta che accade nel suo pontificato.
Il Santo Padre segue la preghiera del Venerdì Santo da Casa Santa Marta. Una scelta dettata dalla volontà di “conservare la salute in vista della Veglia di domani e della Santa Messa della domenica di Pasqua”, informa una comunicazione della Sala Stampa vaticana.
Meditazione e spiritualità
In preghiera con Gesù sulla via della Croce è il tema scelto per le quattordici stazioni che ricordano il percorso di Gesù verso il Golgota. Un titolo che fa capire il carattere profondamente “meditativo” di questi testi che, come sottolinea la Sala Stampa vaticana, sono “un atto di meditazione e spiritualità, con Gesù al centro. Lui che fa il cammino della Croce e ci si mette in cammino con Lui. È tutto molto incentrato su quello che Gesù e vive in quel momento ed è chiaro che ci si allarga al tema della sofferenza…”.
La Sala Stampa vaticana ha messo a disposizione il testo completo delle meditazioni di Papa Francesco per la Via Crucis.
Per i lettori di Euganeo.it abbiamo estratto per ciascuna Stazione un pensiero: non è né una sintesi né – molto spesso – il tema centrale della meditazione; abbiamo cercato, piuttosto, le parole che parlano alla (e della) vita quotidiana.
Ferite, fallimenti, conflitti
Quattordici riflessioni, in cui – senza riferimenti diretti all’attualità ma con un approccio contemplativo che tutta la riassume – si condensa il dolore degli uomini e delle donne di questo tempo, feriti dalle morti, dalle delusioni, dai fallimenti di progetti, feriti dai conflitti che si consumano in Paesi e città, in case e luoghi di lavoro; feriti dalle violenze sul corpo delle donne, vittime di “oltraggi”, o quelle che si registrano nel mondo virtuale, assediato da haters che usano la tastiera “per insultare o emettere sentenze”.
Così Vatican News presenta i testi scritti da Papa Francesco.
È in questo spirito che per la copertina abbiamo scelto un disegno di Don Giovanni Berti, prete della diocesi di Verona, che aiuta la lettura del Vangelo anche con le sue vignette.
È il suo corpo a parlare
La vignetta di copertina è stata pubblicata nella Domenica delle Palme, con un commento di cui proponiamo un estratto.
Oggi la croce è diventata un simbolo, a volte un oggetto lontano posto su una parete o sulla punta di una chiesa. Talvolta è diventata una semplice decorazione…
Ma ogni volta che c’è un uomo o un intero popolo che soffre, la croce non è più un simbolo ma realtà attuale. E deve ancora scandalizzarci!
Ma è il suo corpo a parlare, quel corpo di uomo che affronta il suo dolore e tutto il dolore del mondo, di ogni uomo e donna di allora come di oggi.
Il corpo di Gesù sulla croce è il corpo dei palestinesi stremati dalla guerra a Gaza, degli israeliani vittime di Hamas, degli ucraini sotto le bombe russe, dei russi vittime del terrorismo disumano, dei migranti che fuggono da fame e guerre e affondano nell’indifferenza, delle tante vittime delle mafie che schiavizzano…
Don Giovanni Berti ci aiuta a capire anche con le parole.
29 marzo 2024
Papa Francesco
“Il pianto si trasformi in canto”
Signore Gesù, guardiamo la tua croce e capiamo che hai dato tutto per noi. Noi ti dedichiamo questo tempo. Vogliamo trascorrerlo vicini a te, che dal Getsemani al Calvario hai pregato. Nell’Anno della preghiera ci uniamo al tuo cammino di preghiera.
1. Gesù è condannato a morte
Perché non alzi la voce e non spieghi le tue ragioni? Perché non confuti i dotti e i potenti come hai sempre fatto con successo? La tua reazione stupisce, Gesù: nel momento decisivo non parli, taci. Perché più il male è forte, più la tua risposta è radicale. E la tua risposta è il silenzio. Ma il tuo silenzio è fecondo: è preghiera, è mitezza, è perdono, è la via per redimere il male, per convertire ciò che soffri in un dono che offri.
2. Gesù è caricato della croce
Gesù, portiamo anche noi delle croci, a volte molto pesanti: una malattia, un incidente, la morte di una persona cara, una delusione affettiva, un figlio che si è perso, il lavoro che manca, una ferita interiore che non guarisce, il fallimento di un progetto, l’ennesima attesa andata a vuoto… […] «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). […] Venite a me: dircelo non è bastato e allora ecco che ci vieni incontro e ti carichi sulle spalle la nostra croce, per togliercene il peso.
3. Gesù cade la prima volta
Gesù, sei caduto: a cosa pensi, come preghi col viso nella polvere? Ma soprattutto, cosa ti dà la forza di rialzarti? […] Chi ama non resta a terra, riparte; chi ama non si stanca, corre; chi ama vola. […] Come hai fatto tu, che sei esperto di cadute. La tua vita, infatti, è stata un continuo cadere verso di noi: da Dio a uomo, da uomo a servo, da servo a crocifisso, fino al sepolcro; sei caduto in terra come seme che muore, sei caduto per rialzarci da terra e portarci in cielo.
4. Gesù incontra la madre
Gesù, […] sei rimasto solo con la croce. Ma ecco tua madre. Non servono parole, bastano i suoi occhi, che sanno guardare in faccia la sofferenza e farsene carico. […] Lo sguardo materno è lo sguardo della memoria, che ci fonda nel bene. Non si può fare a meno di una madre che ci mette al mondo, ma neppure di una madre che ci rimette a posto nel mondo.
5. Gesù viene aiutato dal Cireneo
Gesù, quante volte, davanti alle sfide della vita, presumiamo di farcela da soli! Com’è difficile chiedere una mano, per paura di dare l’impressione di non essere all’altezza, noi sempre attenti ad apparire bene e a metterci in bella mostra! Non è facile fidarsi, ancor meno affidarsi. […] Voler bene significa soccorrere gli altri proprio lì, nelle debolezze di cui si vergognano. Allora le fragilità si trasformano in opportunità. È accaduto al Cireneo: la tua debolezza gli ha cambiato la vita e lui si accorgerà un giorno di aver soccorso il suo Salvatore, di essere stato redento mediante quella croce che ha portato.
6. Gesù riceve conforto dalla Veronica che gli asciuga il volto
Gesù, tanti seguono il barbaro spettacolo della tua esecuzione e, senza conoscerti e senza conoscere la verità, emettono giudizi e condanne, gettando su di te infamia e disprezzo. Accade anche oggi, Signore, e non serve nemmeno un macabro corteo: basta una tastiera per insultare e pubblicare sentenze. Ma, mentre tanti urlano e giudicano, una donna si fa strada in mezzo alla folla. Non parla: agisce. Non inveisce: s’impietosisce. Va controcorrente: sola, con il coraggio della compassione, rischia per amore, trova il modo di passare tra i soldati solo per darti sul volto il conforto di una carezza. Il suo gesto passerà alla storia ed è un gesto di consolazione.
7. Gesù cade ancora sotto il peso della croce
Gesù, la croce pesa: porta il carico della sconfitta, del fallimento, dell’umiliazione. Lo capisco quando mi sento schiacciato dalle cose, bersagliato dalla vita e incompreso dagli altri; quando avverto il peso eccessivo e snervante della responsabilità e del lavoro, quando sono compresso nella morsa dell’ansia, assalito dalla malinconia, mentre un pensiero soffocante mi ripete: non ne esci, stavolta non ti rialzi. Ma c’è di peggio. Mi accorgo che tocco il fondo quando ci ricasco: quando ricado nei miei sbagli, nei miei peccati, quando mi scandalizzo degli altri e poi mi accorgo che non sono diverso. Non c’è niente di peggio che essere delusi di sé stessi, schiacciati dal senso di colpa.
8. Gesù incontra le donne di Gerusalemme
Gesù, chi ti segue fino alla fine lungo la via della croce? […] Sono le donne, a cui hai dato speranza: non hanno voce ma si fanno sentire. […] Si battono il petto e fanno lamenti su di te. Non si piangono addosso, ma piangono per te, piangono sul male e sul peccato del mondo. La loro preghiera fatta di lacrime arriva al tuo cuore. E la mia preghiera sa piangere? Mi commuovo davanti a te, crocifisso per me, davanti al tuo amore mite e ferito? Piango le mie falsità e la mia incostanza? Di fronte alle tragedie del mondo il mio cuore è di ghiaccio o si scioglie? Come reagisco alla follia della guerra, a volti di bimbi che non sanno più sorridere, a madri che li vedono denutriti e affamati e non hanno più lacrime da versare?
9. Gesù è spogliato delle vesti
Gesù, sono le parole che hai detto prima della Passione. Ora capisco questa tua insistenza nell’immedesimarti coi bisognosi: tu sei stato carcerato; tu straniero, condotto fuori della città per esser crocifisso; tu sei nudo, spogliato delle vesti; tu, malato e ferito; tu, assetato sulla croce e affamato d’amore. Fa’ che ti veda nei sofferenti e che veda i sofferenti in te, perché tu sei lì, in chi è spogliato di dignità, nei cristi umiliati dalla prepotenza e dall’ingiustizia, da guadagni iniqui fatti sulla pelle degli altri nell’indifferenza generale.
10. Gesù è inchiodato alla croce
Gesù, ti trapassano braccia e gambe coi chiodi lacerandoti le carni e proprio ora, mentre il dolore fisico è più atroce, dalle tue labbra sgorga la preghiera impossibile: perdoni chi ti sta mettendo i chiodi nei polsi. E non una volta sola, ma tante, come ricorda il Vangelo, con quel verbo che indica un’azione ripetuta: dicevi: “Padre, perdona”. […] Ora che le tue mani, con cui benedicevi e risanavi, sono inchiodate, e che i tuoi piedi, con cui portavi lieti annunci, non possono più camminare, adesso, nell’impotenza, ci riveli l’onnipotenza della preghiera. Sulla vetta del Golgota ci sveli l’altezza della preghiera d’intercessione, che salva il mondo.
11. Gesù grida il suo abbandono
Gesù, ecco la preghiera inaudita: gridi al Padre il tuo abbandono. […] Quando hai gridato il tuo perché, lo hai fatto con un Salmo: così hai messo in preghiera persino la desolazione più estrema. Ecco cosa fare nelle tempeste della vita: anziché tacere e tenere dentro, gridare a te. Gloria a te, Signore Gesù, perché non sei fuggito dal mio smarrimento, ma l’hai abitato fino in fondo; lode e gloria a te che, caricandoti di ogni distanza, ti sei fatto vicino a chi è da te più lontano. E io, nel buio dei miei perché, ritrovo te, Gesù, luce nella notte. E nel grido di tante persone sole ed escluse, oppresse e abbandonate, rivedo te, mio Dio: fa’ che ti riconosca e ti ami.
12. Gesù muore consegnandosi al Padre e consegnando al buon ladrone il paradiso
Gesù, un malfattore in paradiso! Si affida a te e tu lo affidi con te al Padre. Dio dell’impossibile, fai di un ladro un santo. E non solo: sul Calvario cambi il corso della storia. Fai della croce, emblema del supplizio, l’icona dell’amore; del muro della morte un ponte sulla vita. Tu trasformi le tenebre in luce, la separazione in comunione, il dolore in danza, e persino il sepolcro, ultima stazione della vita, nel punto di partenza della speranza. Ma questi ribaltamenti li operi con noi, mai senza di noi. […] Ricordami, Gesù, che la mia preghiera può cambiare la storia.
13. Gesù è deposto dalla croce tra le braccia di Maria
Maria, noi siamo poveri di “sì” e ricchi di “se”: se avessi avuto genitori migliori, se fossi stato più compreso e amato, se mi fosse andata meglio la carriera, se non ci fosse quel problema, se solo non soffrissi più, se Dio mi ascoltasse… Perennemente a chiederci il perché delle cose, fatichiamo a vivere il presente con amore. Tu avresti tanti “se” da dire a Dio, ma dici ancora “sì”. Forte nella fede, credi che il dolore, attraversato dall’amore, porta frutti di salvezza; che la sofferenza con Dio non ha l’ultima parola
14. Gesù è deposto nel sepolcro di Giuseppe di Arimatea
Giuseppe: il nome che insieme a Maria sta all’alba del Natale segna pure l’aurora della Pasqua. Giuseppe di Nazareth sognò e con coraggio prese Gesù per salvarlo da Erode; tu, Giuseppe di Arimatea, […] sei il profeta del coraggio audace. Per fare il tuo dono a un morto vai dal temuto Pilato e lo preghi, così da poter regalare a Gesù il sepolcro che avevi fatto costruire per te. La tua preghiera è tenace e alle parole seguono le opere. Giuseppe, ricordaci che la preghiera insistente porta frutto e attraversa persino il buio della morte; che l’amore non rimane senza risposta, ma regala nuovi inizi. Il tuo sepolcro che – unico nella storia – sarà fonte di vita, era nuovo, appena scavato nella roccia.
In copertina
Illustrazione di Gioba, Don Giovanni Berti, parroco a Moniga del Garda, diocesi di Verona.