L’Italia dovrà dimostrarsi all’altezza del cambiamento
Priorità al Servizio sanitario nazionale nell’uso del Recovery Fund
Avellino, 2 gennaio 2021
Egregio senatore Bedin,
per noi europei l’anno appena concluso è stato un buon anno. Scrivo “noi europei”, perché leggo che lei, come me, è convinto di una comune cittadinanza europea. Scrivo “buon anno” anche se è difficile trovare una nota positiva in tutto quello che ci è successo negli ultimi mesi; però proprio nella risposta alla pandemia l’Europa si è ritrovata e noi l’abbiamo ritrovata.
Bastano le ultime cifre votate a dicembre dal Parlamento europeo, in accordo con la Commissione e il Consiglio Ue, cioè definitive: un piano che ammonta a circa 1800 miliardi di euro, composto dal nuovo bilancio settennale dell’UE per il periodo 2021-2027 e da Next Generation EU, il piano di ripresa che contiene un nuovo strumento da 672,5 miliardi, il Recovery and Resilience Facility, per stimolare investimenti e rendere l’UE più ecologica, digitale e resiliente.
Cifre importanti, ma non la cosa più importante. Più importante è che l’Europa ha mostrato di essere solidale, cambiando rotta, ad esempio attivando un debito condiviso per il piano di ripresa.
Ora tocca all’Italia: la definizione e l’attuazione del Recovery Plan diranno quanto siamo capaci di costruire un’Italia e un’Europa più vicine ai cittadini.
Giovan Battista Targa
Commenta Tino Bedin
Aggiungo solo un’altra annotazione a quelle molto opportune di Giovan Battista Targa: all’inizio del nuovo anno viviamo in un’Europa non solo più solidale, ma anche più sociale. Uno dei principali ambiti di applicazione del Recovery Fund è infatti quello sociale: politiche di sostegno ai giovani, all’infanzia, al lavoro, all’educazione, alla formazione potranno essere incluse nei piani dei governi.
Dai fondi del Recovery Fund l’Italia può trovare le risorse per ammodernare il Servizio sanitario nazionale. A me pare che questo dovrebbe essere l’impegno prioritario, visto che la nuova Europa è nata da una crisi sanitaria continentale e anche perché abbiamo toccato con mano che salute pubblica e sviluppo economico sono uniti insieme, non esiste uno senza l’altro. Si potrebbe cominciare proprio dalle esigenze che mergono dalla pandemia: l’assistenza di prossimità, la telemedicina, le cure domiciliari; cioè dai “cantieri delle persone” prima che sai “cantieri edilizi” di nuovi ospedali.