Il paradosso della “sanità selettiva”.
La vita si allunga, la salute si accorcia.
Il Manifesto
22 maggio 2020
Mario Giro
Dovunque in Europa si falsificano le cifre dei deceduti. Si è generalizzato un costume secondo il quale i malati e gli anziani stessi chiedono di non essere messi in terapia intensiva (e dunque lasciati morire), spinti da una mentalità efficentista che li fa sentire in colpa rispetto al loro “costo” sulla comunità. In altre parole: non esiste più una sanità per tutti, come diritto. Al suo posto c’è una sanità “selettiva” in cui gli anziani sono considerati vittime accettabili.
Malgrado l’eccellenza della ricerca medica e la qualità del suo personale, l’Europa sembra sul punto di rinunciare alla democrazia sanitaria. Passata l’emergenza, in Italia si aprirà il dibattito sulla sanità. Si dovrà discutere anche di questo. Speriamo che gli italiani nella loro maggioranza appoggino risolutamente il sistema pubblico, quello per cui ci devono essere molti posti, molti medici e infermieri, molta territorialità e tutte le riserve atte a parare ogni colpo. Insomma, che prevalga la logica della vita. Per tutti senza esclusioni.
Il Sole 24 Ore
24 maggio 2020
Stefano Bartolini
Francesco Sarracino
In Italia il target principale del virus sono gli anziani. Ciò viene spesso spiegato con il fatto che siamo la società più anziana d’Europa e una delle più anziane al mondo. È una spiegazione consolante perché l’elevata mortalità degli anziani sarebbe l’altra faccia di un nostro primato: la vita media in Italia è più lunga che altrove. Tuttavia questa spiegazione nasconde una realtà meno trionfale. È vero che in Italia la vita media si è continuamente allungata, come negli altri paesi Europei, ma l’aspettativa di vita sana si è accorciata. La vita sana è definita come numero di anni trascorsi senza disabilità o malattie che ostacolino le attività quotidiane.
La forbice che si è allargata tra vita in aumento e vita sana in regresso significa che in Italia si sono create schiere di malati cronici anziani. È lì che colpisce il virus.
Il paragone col Giappone, una società ancora più anziana di quella italiana, fornisce indicazioni interessanti su come prendersi cura dell’età avanzata. Gli straordinari risultati ottenuti da questo paese quanto a longevità e salute degli anziani sono basati su politiche che li coinvolgono in attività sociali, fisiche e mentali.
Queste politiche hanno una solida base negli studi epidemiologici. Essi mostrano che un fattore di rischio molto rilevante per la salute degli anziani è la solitudine. Essa è associata a un rischio molto più alto di mortalità e di contrazione e progressione di patologie tipiche della terza età rispetto agli anziani con una ricca vita sociale (malattie cardiovascolari, demenza senile, deficit di memoria, Alzheimer, ecc.).
Ridurre la probabilità dell’insorgenza di malattie croniche per le persone anziane ha una importanza che va molto al di là del virus e coinvolge la spesa sanitaria e la sua sostenibilità. Prevenire la solitudine degli anziani costerebbe una piccola frazione del costo elevatissimo della prassi attuale: lasciarli a una terza età patogena per poi consegnarli, quando non ce la fanno più, alle badanti, alle le case di riposo o a costosissime organizzazioni ad alta intensità di tecnologia e conoscenza – come gli ospedali.
Corriere della Sera
24 maggio 2020
Ildefonso Falcones
Per stabilire delle priorità e decidere a quale paziente dare il massimo delle cure disponibili, si è fatto ricorso all’elaborazione di guide, indicazioni o raccomandazioni, talora insultanti nella loro spietatezza, talora più sottili, ma di solito basate su due circostanze soggettive comuni: l’età, e qui i 75-80 anni si innalzano come una macabra asticella, e la comorbilità, ovvero la presenza precedente o simultanea di altre patologie. Altri fattori pertinenti al malato, come l’aspettativa di vita, parrebbero dipendere proprio da queste due circostanze principali.
È avvenuto così che noi malati o anziani, già sotto l’attacco dell’accresciuto rischio che per la nostra salute costituisce questo nuovo e mortale virus, spesso ci siamo visti negare anche l’accesso alle cure ospedaliere più importanti.
Oggi di fatto si sta negando a coloro che più hanno contribuito alla creazione di un sistema sanitario, di godere con pieno diritto del frutto del proprio lavoro, cancellando un impegno profuso nel corso di intere esistenze.
L’aspetto sconcertante di queste settimane (..) è che per decidere a chi dare priorità si sia partiti dalla situazione derivata dalla crisi, ovvero segnata da risorse limitate e insufficienti che andavano quindi assegnate a beneficiari prestabiliti, senza che nessuno paresse interessato a parlare degli oneri assunti da coloro che hanno permesso che fossero disponibili per tutti proprio quelle risorse che oggi fatichiamo a distribuire.
Di solito infatti sono proprio gli anziani coloro che hanno lavorato per più tempo e maggiormente contribuito alla creazione di un sistema che oggi li defenestra in virtù della logica di distribuzione degli oneri e benefici sociali. Su questa base è possibile che qualche anziano abbia dovuto cedere il proprio contributo a un’altra persona più giovane che forse in nulla ha contribuito alla creazione di una struttura sanitaria. Nessuno beninteso intende negare a chicchessia il diritto alla salute tramite l’accesso alle prestazioni sanitarie di massimo livello. Il problema si pone tuttavia acutamente quando si nega tale accesso a chi ha contribuito per una vita alla creazione di questo bene comune.
Se la mia analisi dovesse sembrare spietata, ricordiamoci che stiamo parlando della morte in condizioni particolarmente penose, lontani dai propri cari, assistiti da un personale medico stremato, isolati in strutture inadeguate, di migliaia di anziani che non hanno ricevuto quanto di meglio la sanità poteva offrire, e questo a causa di un’interpretazione probabilmente tendenziosa del principio di giustizia distributiva.
La realtà è che si tratta di una crisi che rischia di modificare alcuni pilastri su cui abbiamo fondato la nostra esistenza, uno per tutti il valore della vita di una persona che ha raggiunto la vecchiaia, lo stesso traguardo che la medicina e la società dipingono come una meravigliosa conquista della modernità. E questo io lo trovo profondamente paradossale. ( traduzione di Rossana Ottolini)
La Repubblica
27 maggio 2020
Luigi Manconi
Anche la vittoria e la sconfitta, le più familiari metafore della vita e della morte, possono essere affidate alla sorte e al gioco del caso. Ma è proprio questa casualità a venire percepita come sommamente ingiusta. (…)
D’altronde, mai nessuno, anche chi abbia una concezione dell’esistenza disincantata fino alla sfrontatezza, immaginerebbe che si possa decidere del suo destino con il lancio della monetina. Eppure, come in un romanzo distopico di Philip K. Dick, è ciò che accade in una molteplicità di circostanze.
È quanto emerge da un’indagine condotta dalla rivista The Annals of Internal Medicine sulle linee guida adottate da 67 ospedali degli Stati Uniti (ne ha parlato su Repubblica Elena Dusi). Di fronte allo scarto tra ridotta disponibilità di ventilatori polmonari e domanda crescente da parte di persone contagiate, si fa ricorso in ultima istanza, esaurite tutte le alternative, al sorteggio. In altre parole, se la richiesta di presidi sanitari è maggiore del numero di quelli disponibili, si formula un ordine decrescente di priorità tra i beneficiari.
Innanzitutto, si considerano le chance di successo della terapia in rapporto al quadro clinico del paziente. Ne deriva che l’età gioca un ruolo rilevante, attribuendo un punteggio negativo ai più anziani. Ancora, di fronte a due pazienti con diagnosi simili, si tende a scegliere quello che svolge un lavoro essenziale per la comunità (medici e operatori sanitari). Quando questi criteri non risultano risolutivi, viene favorito chi si è presentato prima al pronto soccorso. Infine, se questi parametri vengono meno, non si potrà che ricorrere al sorteggio.
(…) La formula è terribile, ma di questo si tratta – una “selezione dei pazienti”, la più razionale e compassionevole possibile. (…) È chiaro che si tratta di una soluzione intollerabile: e che il nostro grado di sensibilità civile e l’alto livello di sviluppo delle biotecnologie dovrebbero imporci di destinare tutti i mezzi necessari al fine di ottenere che, in presenza di due pazienti, siano sempre disponibili due ventilatori. Questo dovrà essere il senso di una politica sanitaria che metta a frutto la crudele lezione della pandemia.
Estratti e titolazione a cura della redazione di Euganeo.it