Analisi di Nerina Dirindin sullo sfiancamento del sistema pubblico della salute.
Un pensiero unico che univa le ambizioni del privato e il disimpegno del pubblico.
Il sito web Salute Internazionale pubblica un’analisi di Nerina Dirindin, economista dell’Università di Torino, che descrive efficacemente la situazione che sta sempre più indebolendo il Servizio sanitario nazionale.
“Il lungo assedio al Ssn” è il titolo dell’articolo, che la redazione di Salute Internazionale così sintetizza.
Da oltre un quarto di secolo il Servizio sanitario nazionale è sfiancato da una lenta opera di logoramento.
I responsabili politici e tecnici della sanità pubblica hanno aderito acriticamente al pensiero neoliberista dominante che riteneva il sistema insostenibile, inefficiente, desueto e hanno preferito contare sempre più sul privato piuttosto che operare per qualificare seriamente il sistema pubblico.
Un errore gravissimo. È ora di dire basta.
In realtà, bisognerebbe dichiarare inaccettabili ulteriori dosi di austerità nel settore sanitario.
L’analisi della professoressa Dirindin ci sembra molto utile per impostare quella che lei stessa definisce una “linea difensiva”, che finora non è stata allestita, consentendo lo sfondamento in molti settori delle “forze assedianti”.
Nerina Dirindin
La salute non è più una priorità
Il Ssn ha subito qualcosa di simile a un lungo assedio. E questo è avvenuto da quando anche l’Italia è stata contagiata dall’epidemia di riforme che hanno coinvolto i sistemi sanitari di mezzo mondo, in nome del neoliberismo e delle leggi del mercato (R. Klein).
La strategia degli assedianti
All’inizio ci fu, nel 1992, l’assalto improvviso e spregiudicato della legge De Lorenzo che, insieme all’aziendalizzazione, introdusse – fra l’altro – le “forme di assistenza differenziate” e la “libera professione intramuraria”. Ma le forze che volevano contenere il ruolo della sanità pubblica e aprire alla privatizzazione del SSN presero atto delle contrarietà della popolazione e del Parlamento (che approvò ben due riforme per modificare il d.lgs. 502/1992) e decisero di adottare una strategia fatta di attesa e azione: attesa del progressivo, autonomo logoramento del Ssn e azione per creare brecce e invadere il campo.
Purtroppo, (…) il Ssn non riuscì a definire una linea difensiva all’altezza della sfida: la riforma del ’99 sembrava sufficiente, le brecce aperte dagli assedianti apparivano temporanee, la resistenza puntò tutto sulla dedizione dei professionisti (imponendo condizioni di lavoro e remunerazioni inaccettabili in tempi normali), la popolazione imparò a tollerare accessi sempre più dilazionati e tortuosi, la programmazione sanitaria venne svuotata di ruolo e risorse, ecc).
L’idea del mercato migliore dello Stato
Una linea difensiva che giocava al ribasso e che non poteva che comportare la perdita progressiva di alcune importanti funzioni della sanità pubblica, a partire da quella di regia pubblica nelle politiche per la salute.
Salvo poche voci dissonanti rimaste inascoltate, nessuno si oppose alla riduzione del Ssn all’osso: nel personale, nei posti letto ospedalieri, nei consultori, nei centri di salute mentale, nella prevenzione collettiva, nella manutenzione delle tecnologie, nelle scorte di dispositivi per le emergenze, ecc. L’idea di avere un po’ di ridondanza per affrontare gli imprevisti appariva del tutto fuori luogo, antistorica e sprecona.
Il tutto in un contesto in cui prevaleva l’idea che ridurre il ruolo dello Stato e lasciar fare al mercato fosse la soluzione migliore, e non solo nella sanità.
Incuranti degli effetti in termini di equità
Le forze assedianti, portatrici degli interessi privati del settore, hanno sempre guardato al Ssn come a un ostacolo allo sviluppo del mercato delle prestazioni sanitarie e del mercato delle coperture assicurative, indifferenti agli effetti in termini di equità dell’impoverimento della sanità pubblica.
E così, con la complicità dei media (che denunciavano la malasanità dimenticando le tante buone sanità), si diffuse un pensiero unico che univa le ambizioni del privato e il disimpegno del pubblico, e approntava le brecce per la crescita del mercato for profit (attraverso i fondi integrativi, il superticket, il mancato controllo dei tempi di attesa, ecc).
Emblematico è il tetto alla spesa per il personale dipendente del 2011, che ha costretto anche i più attenti decisori a esternalizzare i servizi o aumentare il ricorso al privato accreditato: quale imprenditore razionale, consapevole che la sua offerta dipende dal personale di cui può disporre, si autolimiterebbe nella possibilità di assumere professionisti qualificati, favorendo così la concorrenza?
Dopo la pandemia, tutto come prima
Poi è arrivata la pandemia. Gli operatori del Ssn (gli assediati) si sono trovati senza scorte (di posti letto, di servizi sul territorio, di dispositivi, …) e hanno cercato di supplire con il loro impegno. Durante la pandemia il Ssn è stato fortificato, ma con provvedimenti emergenziali e non strutturali.
Oggi, la situazione è particolarmente preoccupante non solo perché troppe persone faticano ad accedere ai servizi, ma soprattutto perché stanno tornando, uno a uno, tutti gli argomenti che credevamo fossero stati spazzati via dalla pandemia: la salute non è più una priorità.
11 ottobre 2023
In copertina
Una sintesi della “sfida” costituzionale all’attuale indebolimento del Servizio sanitario nazionale.
Testi
Il testo integrale dell’articolo della professoressa Nerina Dirindin.
L’estratto e la sua titolazione sono della Redazione di Euganeo.it.