ANTOLOGIA
In queste settimane le case di riposo sono state tenute fuori dagli interventi.
Manca una guida strategica di questo settore da parte delle autorità regionali.
Avvenire
24 marzo 2020
Marco Trabucchi
presidente dell’Associazione italiana di Psicogeriatria
Tra i mille eventi drammatici che viviamo in questi giorni vorrei portare l’attenzione sugli anziani che vivono nelle case di riposo. “Avvenire” sta seguendo, con generosità e intelligenza, questo angolo meno visibile della nostra tragedia (100.000 solo in Lombardia e Veneto, e altrettanti operatori).
Sono spesso chiamate – senza pietà – lazzaretti, forse perché in queste settimane sono state tenute fuori dagli interventi, dimenticando i loro gravissimi problemi. Ma dobbiamo opporci a questa situazione di fatto; abbiamo criticato scelte di alcune società scientifiche perché rischiavano di escludere dalle cure i molto vecchi; non possiamo però permettere che si arrivi allo stesso risultato solo per la scarsa attenzione verso un importante settore delle nostre comunità.
Riassumo quello che osservo dal contatto con operatori di ogni livello:
1. Quasi totale mancanza di strumenti di protezione per gli operatori (spesso madri di famiglia, angosciate per i pericoli cui si sottopongono). Come è possibile che a distanza di tante settimane dall’inizio della tragedia non sia stato possibile distribuire strumenti di difesa alle case di riposo? Capisco le difficoltà organizzative, e non è il momento per recriminazioni, ma esigiamo che nella distribuzione di ciò che è fornito dai produttori non si dimentichino gli anziani che vivono nelle residenze.
2. Desta grande preoccupazione la richiesta di utilizzare le residenze come luoghi per ospitare pazienti dimessi dagli ospedali, con la possibile conseguenza di un’incontrollata diffusione del virus. Un’amministratrice di Rsa mi ha scritto che non vogliono sottrarsi dal dovere di collaborare col grande impegno comune: “Partiamo per affrontare questa nuova sfida, per ora con l’intento di proteggere tutti gli altri residenti nei nostri centri e poi, se necessario, per accompagnare quelli che si ammaleranno “. Ma quanto pesa questa generosa disponibilità…
3. Preoccupante la richiesta di trasferire gli infermieri dalle strutture agli ospedali, dove sarebbero indispensabili. Non è accettabile una guerra tra poveri che potrebbe avere conseguenze gravissime per le residenze, dove vi è bisogno di competenze tecniche che non possono essere esplicate, ad esempio, dai volontari, che pure si stanno offrendo con grande generosità.
4. Troppo spesso manca una guida strategica di questo settore da parte delle autorità regionali; nelle crisi si manifesta in modo drammatico l’incapacità della burocrazia di rispondere ai veri bisogni. Chi guida un’azienda sanitaria non può dimenticarsi di chi ha meno capacità di protesta (vecchi, deboli, fragili).
5. Abbiamo visto una risposta magnifica per generosità, intelligenza e competenza da parte degli operatori. Mi hanno detto: “È faticosissimo, la malattia è feroce e gravissima…”. Molti hanno rinunciato a ferie e turni, nulla chiedono di fronte alla sofferenza di persone che hanno seguito per mesi e con le quali si sono spesso sviluppati rapporti di comprensione e di intensa vicinanza. Ma la gratitudine collettiva deve trasformarsi in impegno civile per il bene di chi soffre.
Titolazione a cura della redazione di Euganeo.it