Guido Bodrato: per la democrazia l’ultimo pensiero

/

In occasione del 2 Giugno ci ha posto questo interrogativo: “Può esistere una democrazia senza popolo e senza partiti?”

L’ultimo post sulla pagina Facebook di Guido Bodrato è di venerdì 9 giugno.

Carissime e carissimi, Guido ci ha lasciato ieri sera e quindi si conclude qui la sua presenza su Facebook. Ha dedicato la vita alla politica e alla difesa della partecipazione democratica espressa dal Parlamento e dalla Costituzione e ha continuato a scrivere e lavorare con passione fino a pochi giorni fa, lasciando pagine, interviste e progetti. Come saluto estremo, ecco l’ultima pagina, scritta pochi giorni fa.  Ci mancherà.

Guido Bodrato aveva compiuto 90 anni a marzo. Era stato parlamentare italiano ed europeo, ministro della Repubblica, protagonista del cattolicesimo democratico e sociale prima nella Democrazia Cristiana e poi nel Partito Popolare Italiano. Non aveva mai smesso di fare politica.

Guido ci ha lasciati ieri sera per unirsi alla sua amata Irma. Fino all’ultimo lo ha sostenuto una invincibile passione politica, a difesa della Costituzione e della rappresentanza democratica del Parlamento. Che il suo esempio ci conduca. Una preghiera.

Questo è l’ultimo tweet nella sua pagina Twitter: spiega di cosa è vissuto, per sé e per la comunità. Due anni fa alla domanda di Repubblica “Perché è così attivo su Twitter?”, Guido Bodrato aveva risposto: “Perché la passione per la politica non invecchia mai”.

Ecco allora l’ultimo articolo che Guido Bodrato ha pubblicato il 2 giugno scorso, in occasione della Festa della Repubblica. L’ha titolato “Può esistere una democrazia senza popolo e senza partiti?”. Non è una domanda “filosofica” né di teoria delle Istituzioni. È l’interrogativo attraverso il quale  cerca fino all’ultimo di dare una risposta al tormento della “generazione del Concilio”, dei cattolici che credono nell’autonomia e nella laicità della politica, come scrive proprio in questo articolo.

E allora il giornalista e direttore Guido Bodrato (tra il 1995 e il 1999 ha diretto Il Popolo) mi capirà (e perdonerà) se, mettendolo in pagina qui sotto, il suo pezzo mi ha suggerito una diversa titolazione (e qualche titoletto che egli non aveva messo).

Tino Bedin

La democrazia decidente è diventata il terreno su cui è cresciuta l’antipolitica

Quale contributo possono dare i cattolici al rinnovamento della politica?

Un supplemento di disponibilità al confronto con quanti camminano nella stessa direzione, al servizio del bene comune

di Guido Bodrato

Può esistere una democrazia senza popolo e senza partiti? Con il tramonto delle ideologie rischiano di tramontare le idee su cui sono fondate le diverse forze politiche, ed anche i valori sanciti dalla Costituzione repubblicana.

In questo contesto la tendenza a ridurre la democrazia alla ricerca di un “capo” cui affidare tutto il potere, ha infine riguardato il ruolo del Parlamento e la sua centralità; così la democrazia decidente è diventata il terreno su cui è cresciuta l’antipolitica.

Su questo terreno affondano anche le radici di movimenti populisti che finiranno per minacciare la stessa democrazia rappresentativa, alimentando una pericolosa deriva autoritaria.

Il tormento della “generazione del Concilio”

In questo inquietante orizzonte si colloca il disorientamento degli elettori cattolici che hanno vissuto la secolarizzazione della società civile, il declino della centralità democristiana (referendum del 1974) e vedono messo in discussione il difficile approdo dei “popolari” ad un assetto culturale che – con la nascita dell’Ulivo – doveva rappresentare l’avvio di un ciclo storico riformista in cui fosse possibile “essere in politica da cristiani”, camminando insieme a chi viene da un’altra storia, ma cammina nella stessa direzione.

Questo è il tormento della “generazione del Concilio”, dei cattolici che credono nell’autonomia e nella laicità della politica, che non pensano sia possibile la rinascita dell’unità politica dei cattolici. Donne e uomini che anche se hanno nostalgia del “partito di centro che guarda a sinistra”, non sanno come votare, poiché in questa stagione politica non c’è spazio per un confronto vero, non condizionato da un disegno di potere personale.

La politica sembra ormai senz’anima e non c’è movimento o partito in cui riconoscersi. Questo tuttavia non significa assenza del mondo cattolico dalla vita e dai problemi del nostro tempo: basta pensare alla presenza del volontariato, che esprime la tradizionale preferenza del mondo cattolico per l’azione sociale rispetto all’azione politica. Un disorientamento che, come indica il Cardinal Bassetti, sollecita “una nuova rappresentanza politica dei cattolici”, ricordando che “la politica è la più alta delle carità”.

Seguendo Lazzati e Sturzo

Il tormento dei cattolici che vorrebbero lavorare per il rinnovamento della politica è condiviso anche da molti elettori della sinistra storica, alla ricerca di una nuova rappresentanza politica, di fronte a una globalizzazione dell’economia che ha favorito l’egemonia del pensiero liberista, intrecciandosi con una rivoluzione tecnologica che ha prodotto la rottamazione del modello fordista e spinto la classe operaia ed i partiti che la rappresentavano ai margini della lotta politica.

Anche la sinistra storica, socialista e comunista, è andata in mille pezzi, mentre alcuni avvenimenti, imprevisti ma prevedibili (penso alle migrazioni bibliche dal Sud al Nord del mondo, dalla fame e dalle guerre verso i paesi del benessere) fanno rientrare in scena, sull’onda della crisi economica e di una disoccupazione sempre più diffusa, delle tensioni sociali e delle crescenti diseguaglianze, della paura del terrorismi islamico e del riemergere – in molti paesi europei – delle ombre di un passato che non passa.

Se dobbiamo ancora fare i conti con la storia, se la democrazia deve ancora misurarsi con regressioni nazionalpopuliste ed antieuropee, quale contributo possono dare i cattolici al rinnovamento della politica? Questa questione, che riguarda la “qualità della democrazia”, esprime il bisogno di ripartire dalla cultura e di riflettere sulle contraddizioni del “tempo che ci è dato da vivere”; richiede cioè un impegno di lungo periodo, che potrebbe apparire, ma non è, un modo per sottrarsi all’emergenza democratica del nostro tempo.

Se è necessaria una indicazione di marcia, ricordo l’insegnamento di Lazzati: vi è “una città dell’uomo a misura d’uomo” che è responsabilità dei credenti concorrere a costruire ed a difendere con coraggio, ritornando all’appello sturziano ai “liberi e forti”, con un supplemento di disponibilità al confronto con quanti camminano nella stessa direzione, al servizio del bene comune.

2 giugno 2023