• Per quanto riguarda il “peso democratico”
i giovani italiani sono già al “peso demografico” del 2050

• L’impegno politico: i giovani sono pochi, ma sempre
di più della percentuale del resto della popolazione •
Ha meno di 35 anni il 20,6 per cento della popolazione italiana. Fra 25 anni, cioè nel tempo in cui l’attuale generazione di giovani formerà l’età centrale adulta, le persone con meno di 35 anni saranno tra il 16 e il 17 per cento degli italiani. In quell’anno, nel 2050, l’Italia avrà 4 milioni e 200 mila abitanti in meno. La fetta più grossa di questo taglio, 2 milioni e 800 mila in meno, sarà costituita da chi ha fino a 34 anni.
Il taglio continua da anni. Nell’ultimo decennio la fascia d’età tra i 15 e i 34 anni ha perso circa 750 mila persone, pari a un calo del 5,8 per cento. Tra il 2013 e il 2022, ha lasciato il nostro Paese oltre un milione di italiani, di cui 352 mila giovani tra i 25 e i 34 anni. Oggi, la demografia europea segnala che l’Italia è il paese con il più accentuato squilibrio generazionale, cioè con la più bassa rilevanza delle persone sotto i 35 anni.
Nessuna conquista è per sempre
Il dato non è solo statistico; è anche politico: gli elettori tra i 18 e 35 anni sono il 17 per cento del totale. Per quanto riguarda il “peso democratico” i giovani italiani sono già al “peso demografico” del 2050.
L’incidenza della demografia sulla democrazia italiana – già oggi e sempre più nel futuro prossimo – è una delle “res novae” della società attuale con cui la comunità politica dovrebbe confrontarsi.
Prova a suscitare attenzione collettiva e a stimolare risposte politiche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Il calo demografico ha ridotto la presenza dei giovani nella società. Ma nessuna società che voglia avere futuro può rinunciare all’apporto dei giovani e ai loro mattoni nuovi. Le stagioni che cambiano richiedono forze, idee, energie nuove. Non è vero che così rischiano di disperdersi i valori: così i valori più profondi possono trasmettersi e dare nuovi frutti”.
Mattarella lo ha scritto il 22 agosto nel messaggio al Meeting per l’amicizia fra i popoli, che per l’edizione di quest’anno ha per titolo la citazione “Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi”. Ed è proprio dal rischio di “desertificare” la democrazia che è motivato il richiamo del Presidente: “Non possiamo dare per scontate le conquiste che le precedenti generazioni ci hanno trasmesso. Libertà, democrazia, pace, modello sociale, vanno continuamente rigenerati nella fedeltà ai loro presupposti valoriali. Rigenerati e condivisi”.
I numeri di una statistica non sono tutta la realtà
Le parole di Sergio Mattarella non hanno suscitato dibattito (a differenza di altre voci politiche sentite in questa stessa circostanza). Eppure il Presidente – in poche righe e senza nessuna nota polemica – ribalta la valutazione (e il conseguente approccio) corrente sul rapporto tra giovani e democrazia, tra giovani e politica.
“I giovani non si interessano di politica”, si dice correntemente. C’è chi insiste nel rappresentarli come indifferenti, distanti, apatici rispetto alle prospettive delle comunità.
La narrazione utilizza indagini sociologiche e dati statistici, dandosi così una base realistica. Utilizza anche parole che considera universali: politica, partiti, partecipazione. Né i numeri di una statistica sono in sé stessi tutta la realtà, né una stessa parola descrive nel tempo sempre la stessa realtà.
Prendiamo un numero.
All’inizio dell’anno la società Noto Sondaggi ha realizzato per Il Sole 24 Ore del Lunedì una ricerca sulla condizione giovanile. È lo stesso quotidiano economico a sintetizzare: “Le risposte forniscono una mappa complessa, in cui non mancano contraddizioni. Un dato, tuttavia, è cristallino: la disaffezione dalla politica. Il 93% degli intervistati ha infatti dichiarato di non essere impegnato in politica; il 52% se domani ci fossero le elezioni non andrebbe a votare”.
Numeri “impressionanti”, letti così; letti da soli.
Quanti adulti sono impegnati in politica?
Si può però confrontare il 52 per cento di disponibilità al voto da parte dei giovani, con il 40 per cento di partecipazione reale degli elettori totali nelle elezioni municipali di questa primavera (percentuale scesa al 22 per cento nei ballottaggi dell’8-9 giugno).
Anche quell’altro numero, il 93 per cento di disimpegno politico, si può leggere diversamente. Lo fa direttamente Il Sole 24 Ore del Lunedì, dando la parola al professor Andrea Pirni, ordinario di Sociologia dei fenomeni politici a Genova: “Varrebbe la pena di chiedersi quanti non giovani si ritengano impegnati in politica. Se con questa espressione intendiamo, tradizionalmente, l’impegno in prima persona in un partito politico, probabilmente la percentuale dichiarata dagli intervistati (7%) risulterebbe più alta della percentuale del resto della popolazione”.
Domenica, 24 agosto 2025
In copertina
Giovani padovani impegnati per politiche di pace davanti alla basilica di Santa Giustina a Padova. La foto è di Franco Piacentini.