• La relazione tra giovani italiani e partiti politici
non deve ridursi al rimpianto per il passato

• Può essere che i giovani guardino da qui in avanti, mentre agli adulti piace guardare da qui indietro? •
“Oggi i partiti non sono più comunità pensanti ma sistemi di contrapposizioni, tutti contro tutti, ed è attorno a esse che si svolge la vita politica. Non emerge mai quel pensiero costruttivo di cui si avverte un bisogno enorme. Sono gli stessi adulti e anziani (soprattutto) a ripetere che “non ci sono più i partiti di una volta”.
Luciano Violante, una vita nei partiti e nelle istituzioni (è stato anche Presidente della Camera dei deputati), lo dice questa settimana commentando con Avvenire il milione di giovani a Tor Vergara per il Giubileo della Gioventù. E conclude con una domanda: “Per quale motivo un giovane dovrebbe avvicinarsi alla vita di partiti per i quali la politica non è più lo spazio del dialogo con chi non la pensa come te?”.
“Non ci sono più i partiti di una volta”
La valutazione di Violante è realistica e la sua domanda è pertinente.
Sono, del resto, gli stessi adulti e anziani (soprattutto) a ripetere che “non ci sono più i partiti di una volta”. Nella comunità e nei sondaggi si continua però a chiedere ai giovani di confrontarsi con la storica idea di partito e li si giudica e li si misura proprio con riferimento a quell’idea di partito. È una pretesa anagraficamente irrealistica.
“I giovani intervistati non hanno vissuto per ragioni anagrafiche la stagione della democrazia dei partiti, ossia di quella fase storica del nostro paese durante la quale la presenza delle macchine partitiche era capillare e in molti casi pervasiva. Le loro risposte sono quelle di giovani che hanno sempre sentito parlare della crisi dei partiti e della loro trasformazione in soggetti liquidi quindi senza un forte apparato ideologico e organizzativo. Probabilmente, il fatto che questi aspetti siano al centro di un incessante dibattito che si protrae da almeno tre decenni ha influenzato la percezione delle giovani generazioni”.
L’avvertenza è di Antonio Campati e Veronica Riniolo che nel maggio scorso hanno elaborato i dati della ricerca “L’altra partecipazione. I giovani italiani e la politica al tempo degli influencer”, da loro curata per Laboratorio Futuro dell’Istituto Toniolo.
Campati e Riniolo aggiungono una raccomandazione: “La relazione tra giovani italiani e partiti politici non deve ridursi al rimpianto per il passato o alla riproposizione dei suoi schemi nelle dinamiche odierne. Se è giusto (ri)portare l’attenzione sul ruolo di mediazione dei partiti come strumenti per la partecipazione democratica, tale auspicio deve però integrarsi con le nuove modalità con le quali i giovani vogliono intervenire, discutere, incidere nel dibattito pubblico”.hità fino alla contemporaneità, tanto che Al cuore della democrazia è stata dedicata l’ultima Settimana sociale dei cattolici in Italia.
Fiducia scarsa (ma in crescita)
La partecipazione democratica attraverso i partiti è uno dei valori che chiedono di essere rigenerati (cioè essere attuali nel cuore delle persone e nelle esperienze di comunità) per poter essere condivisi (cioè appartenere a generazioni diverse).
Il percorso è impegnativo, ma la meta non è impossibile proprio per quanto riguarda i partiti. Lo si ricava anche dalla ricerca dell’Istituto Toniolo sulla partecipazione politica.
“Per constatare chiaramente come è cambiata la partecipazione politica dei giovani, è sufficiente andare a verificare il livello di fiducia nei partiti, che, da anni, si attesta su livelli molto bassi. La nostra indagine conferma questo dato: infatti, è al 31,6% (maggiormente accentuata tra coloro che hanno una laurea – 36,3%, rispetto a coloro che hanno un diploma di scuola superiore – 30,6% – o altro titolo di studio – 29,2%)”. Antonio Campati e Veronica Riniolo trascrivono la percentuale e constatano che al 31,6 per cento la fiducia dei giovani nel sistema dei partiti è bassa.
Sono però gli stessi studiosi ad introdurre un dato di comparazione, con questa postilla: “Ma emerge un dato da non trascurare: il dato appena riportato è il più alto dal 2012, da quando cioè viene rilevato nei rapporti dell’Istituto Toniolo, anno in cui si attestava all’8,5%”.
Gli adulti credono nei partiti meno dei giovani
Restiamo ancor più… in compagnia dei giovani su questo argomento. Rilevazioni di Demos & Pi e di Ipsos condotte in questa estate 2025 segnalano che solo il 18 per cento degli italiani dichiara di avere fiducia nei partiti politici come istituzione e aggiungono che solo il 14 per cento crede che i partiti siano capaci di “rinnovarsi e ascoltare i cittadini”. Insomma: i giovani credono nei partiti in percentuale più che doppia rispetto alla generalità dei cittadini; i giovani hanno quadruplicato la loro fiducia in un decennio, mentre nella media generale 86 elettori su 100 hanno perso ogni speranza per il futuro.
Il confronto suggerisce che sono i giovani ad avere di che… lamentarsi di adulti e anziani per la loro scarsa fiducia nei partiti e per la loro crisi di speranza.
Può essere che i giovani accettino di guardare da qui in avanti, mentre a adulti e anziani piace guardare da qui indietro?
Può essere che guardare indietro corrisponda, a volte, al bisogno di assegnare altrove le responsabilità, affrancandosi dal dovere delle soluzioni?
Domenica, 10 agosto 2025
In copertina
Aldo Moro, protagonista e martire della democrazia italiana, con un gruppo di giovani del suo tempo. La foto è dalla pagina Aldo Moro che la accompagna ad un passo della lettera di Aldo Moro ad Antonio Secchi (uno dei suoi studenti) nel 1972.
“Di fronte alla ricchezza di ideali e di speranze di una gioventù che viene fuori, o emerge, dalla oscurità e dalla povertà, bisogna prodigarsi, pagando di persona.
“Talvolta il Partito è più uno schermo che un efficace canale di comunicazione.
“Io avrei voluto (un po’ ancora vorrei) convogliare queste forze sane non verso il potere ma verso la partecipazione”.