Inaccettabile ridurre le persone a vittime collaterali

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Intervista al cardinale Pietro Parolin

Non basta che la Comunità internazionale
dica che è inaccettabile
quanto avviene a Gaza e poi permetta che avvenga

Mi colpisce e mi affligge il conteggio quotidiano dei morti in Palestina, decine, anzi a volte centinaia al giorno, tantissimi bambini la cui unica colpa sembra essere quella di essere nati lì: rischiamo di assuefarci a questa carneficina! Persone uccise mentre cercavano di raggiungere un tozzo di pane, persone rimaste sepolte sotto le macerie delle loro case, persone bombardate negli ospedali, nelle tendopoli, sfollati costretti a spostarsi da una parte all’altra di quel territorio angusto e sovrappopolato…

È inaccettabile e ingiustificabile ridurre le persone umane a mere “vittime collaterali”.

La perversa catena dell’odio

Come possiamo giudicare gli episodi di antisemitismo aumentati in maniera importante in diverse parti del mondo negli ultimi mesi?

Non possiamo dimenticarci di quanto è accaduto nel cuore dell’Europa con la Shoah, dobbiamo impegnarci con tutte le nostre forze perché questo male non rialzi la testa.

Dobbiamo al tempo stesso fare in modo che mai siano giustificati atti di disumanità e di violazione del diritto umanitario: nessun ebreo deve essere attaccato o discriminato in quanto ebreo, nessun palestinese per il fatto di essere tale deve essere attaccato o discriminato perché – come purtroppo si sente dire – “potenziale terrorista”.

La perversa catena dell’odio è destinata a generare una spirale che non può portare nulla di buono.

È lecito continuare a fornire armi?

Lei ha parlato di una situazione insostenibile e ha fatto cenno ai tanti interessi in gioco che impediscono la fine della guerra. Quali sono questi interessi?

Sembra evidente che la guerra perpetrata dall’esercito israeliano per sconfiggere i miliziani di Hamas non tiene conto che ha davanti una popolazione per lo più inerme e ridotta allo stremo delle forze, in un’area disseminata di case e di palazzi rasi al suolo: basta vedere le immagini aeree per rendersi conto di che cosa sia Gaza oggi.

Mi sembra altrettanto evidente che la comunità internazionale risulti purtroppo impotente e che i Paesi in grado di influire veramente fino ad oggi non l’abbiano fatto per fermare la carneficina in atto.

Cosa può fare dunque la comunità internazionale?

Certamente può fare molto di più rispetto a ciò che sta facendo. Non basta dire che è inaccettabile quanto avviene e poi continuare a permettere che avvenga. C’è da porsi delle serie domande sulla liceità, ad esempio, del continuare a fornire armi che vengono usate a discapito della popolazione civile.

Il segno che non siamo condannati all’indifferenza

Come giudicare le prese di posizione delle società civili che si stanno esprimendo, anche in Israele, contro le politiche di guerra del governo israeliano e in favore della pace?

Anche se a volte queste iniziative, a causa delle violenze di pochi facinorosi, rischiano di far passare a livello mediatico un messaggio sbagliato, mi colpisce positivamente la partecipazione alle manifestazioni, e l’impegno di tanti giovani.

È il segno che non siamo condannati all’indifferenza. Dobbiamo prendere sul serio quel desiderio di pace, quel desiderio di impegno… Ne va del nostro futuro, ne va del futuro del nostro mondo.

Seguaci di un Dio che si è fatto Uomo

C’è chi sostiene, anche nella Chiesa, che di fronte a tutto ciò bisogna innanzitutto pregare, non scendere in piazza per non fare il gioco dei violenti…

Sono un battezzato, sono un credente, sono un prete: per me la preghiera incessante davanti a Dio perché ci assista, ci aiuti e intervenga per porre fine a tutto ciò sostenendo gli sforzi delle donne e degli uomini di buona volontà è essenziale, quotidiana, fondamentale. Papa Leone ci ha invitato ancora una volta a recitare un Rosario per la pace l’11 ottobre.

Ma vorrei anche ricordare che la fede cristiana o è incarnata o non è… Siamo seguaci di un Dio che si è fatto Uomo assumendo la nostra umanità e ci ha testimoniato che non possiamo essere indifferenti rispetto a ciò che accade intorno a noi e anche lontano da noi.

Per questo la preghiera non sarà mai abbastanza, ma non sarà neanche mai abbastanza l’impegno concreto, la mobilitazione delle coscienze, le iniziative di pace, la sensibilizzazione, anche a costo di apparire “fuori dal mondo”, anche a costo di rischiare.

La Santa Sede riconosce ufficialmente lo Stato di Palestina

Perché è importante il riconoscimento dello Stato di Palestina in questa fase?

La Santa Sede ha riconosciuto ufficialmente lo Stato di Palestina dieci anni fa, con l’Accordo Globale tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina.

Il Preambolo di quell’accordo internazionale (…) supporta pienamente una risoluzione giusta, comprensiva e pacifica della questione della Palestina, sostiene uno Stato di Palestina che sia indipendente, sovrano, democratico e praticabile, inclusivo della Cisgiordania, di Gerusalemme Est e di Gaza. Il medesimo accordo individua questo Stato non in opposizione ad altri, ma capace di vivere fianco a fianco dei suoi vicini, in pace e in sicurezza.

Guardiamo con soddisfazione al fatto che diversi Paesi del mondo abbiano riconosciuto lo Stato di Palestina. Ma non possiamo non notare con preoccupazione che le dichiarazioni e le decisioni israeliane vanno in una direzione opposta e, cioè, intendono impedire per sempre la possibile nascita di un vero e proprio Stato palestinese.

Lunedì, 6 ottobre 2025

Il testo

Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, parla con i media vaticani nel secondo anniversario dell’attacco “disumano” di Hamas contro Israele che ha scatenato la distruzione della Striscia. Il testo integrale del colloquio, raccolto da Andrea Tornielli e Roberto Paglialonga, è disponibile su Vatican News.

L’estratto e la titolazione sono della Redazione di Euganeo.it.

In copertina

Un fumetto di don Giovanni Berti, parroco di Moniga del Garda, diocesi di Verona

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