Dai campi di internamento alle istituzioni repubblicane

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CARTOLINA / Sabato 20 settembre 2025  

Era l’8 settembre 1943 quando hanno fatto la loro scelta: rischiosa per ciascuno di loro; patriottica per il futuro dell’Italia. Sabato 20 settembre 2025 l’Italia celebra prima Giornata degli Internati italiani nei campi di concentramento tedeschi durante la seconda Guerra mondiale.

Sono ancora loro: “I militari, abbandonati a loro stessi dopo l’8 settembre, che difesero l’onore della Patria rifiutando l’arruolamento nell’esercito tedesco o in quello di Salò sapevano di compiere una scelta di grave rischio sul piano personale”.

È il Presidente Sergio Matterella che definisce il loro ruolo di patrioti. Lo fa nell’anteprima delle celebrazioni in una cerimonia aperta dalla proiezione del filmato “L’altra resistenza” degli internati militari italiani.

Una definizione e una resistenza legati alla data del 20 settembre.

Il 20 settembre 1943 Adolf Hitler modificò lo status dei circa 650 mila militari italiani catturati dopo l’armistizio dell’8 settembre, privandoli della protezione della Convenzione di Ginevra. Da “prigionieri di guerra” furono trasformati in Internati Militari Italiani (IMI), condizione che li espose a lavori forzati, violenze e privazioni nei lager nazisti.

“Con quel No ai fascisti di Salò e alle truppe di occupazione – insiste Mattarella – difesero la dignità e il senso autentico dell’amor di Patria quando lo stesso vertice dello Stato si era dissolto”.

“Patrioti – li esalta il Presidente della Repubblica nel suo saluto – che nei campi tedeschi sono stati privati della loro stessa identità e ridotti a un numero, che hanno respinto lusinghe e promesse quando è stata loro proposta la rinuncia alla loro dignità di italiani in cambio di una scarcerazione. Patrioti che, nelle baracche, dopo il lavoro, hanno cominciato a tessere i fili di quelle relazioni solidali, di quell’etica collettiva che sarebbe diventata l’humus di un nuovo inizio per l’Italia”.  

Maestri, come Albino Bellon

“Molti di questi coraggiosi testimoni sono diventati, con la Repubblica, anche artefici delle istituzioni democratiche.

“Sono diventati maestri. I maestri possono davvero essere tali soltanto se sono anche testimoni coerenti dei valori di cui si fanno intrepreti”.

Questa descrizione del Presidente Mattarella è la… fotografia di uno dei protagonisti della vita civile e politica a Cadoneghe nella seconda metà del Novecento: Albino Bellon. È stato un maestro di professione per decenni nella scuola elementare di Reschigliano. È stato un maestro di politica: fondatore della sezione della Democrazia Cristiana di Cadoneghe, è stato prima consigliere comunale di opposizione e poi per molti anni sindaco del suo Comune.

Con riferimento alla sua “qualifica” di internato militare italiano, ha scritto di se stesso: “Il sottoscritto Capitano BELLON ALBINO, nel 1943 Sottotenente ARMA AERONAUTICA RUOLO SERVIZI; nato a Cadoneghe il 18/05/1922.
Già internato a Leopoli Stalag 328 con il n. 47459; a Wietzendorf Oflag 83 con il n. 47459: a Wetzenforf Kr. Soltau con il n. 30547. L’8 settembre 1943 prestava servizio presso l’Aeroporto di Araxos – Grecia”.

Per acquistare dignità e libertà

La “scheda militare” introduce il libro “La guerra dei disarmati. Diario di un ufficiale italiano

8 settembre 1943 – 8 maggio 1945”.

Pubblicato in occasione della Festa della Liberazione del 2016, il volume raccoglie, scrive Albino Bellon nella dedica a Federico Dittadi, “ricordi, che raccontano la tristezza di un periodo della mia vita in cui viltà e tradimento ci trasformarono da Alleati a nemici. La fame, le sofferenze, il disprezzo non riuscirono tuttavia a sconfiggere l’eroismo, la volontà di riscossa di tutti noi, vinti ma non domi. La lettura di queste brevi note suscita in noi, ancora oggi, un meritato orgoglio. È stato il prezzo pagato per acquistare dignità e libertà: non solo per noi ex combattenti, ma per l’intero popolo italiano”.

Perché siamo qui? Perché soffriamo? Per quale Italia?

Riporto qui due brani di una giornata del Diario di Albino Bellon: sono la descrizione dal vivo proprio della condizione rappresentata dal Presidente Mattarella.

6 febbraio 1944, domenica

Si è molto discusso nel campo. Anche in camerata si è molto discusso, il pro ed il contro del lavoro e parecchie voci si sono alzate a parlare di moralità, di cooperazione data alla Germania, di nostro dovere di soldati, di Italiani. Anche noi quattro abbiamo discusso a lungo di lavoro, di collaborazione, di dignità, di Italiani, di Italia, di Patria, di dignità, di ufficiali. Molte sembrano parole vuote di fronte alla voglia, alla necessità per molti di uscire da questo maledetto campo.

Perché siamo qui? Perché soffriamo? Per quale Italia? Per quella di Mussolini, di Badoglio, del Re. Per l’Italia del Re che nessuno vuole. Per quella di Badoglio che non ci parla, che non ci sostiene, che ci ha abbandonati senza ordini, che ci ha coperto di ignominia, che ci fa deridere e disprezzare? Per quella di Mussolini che ci ha traditi, che ci ha rovinati, che ci ha venduti, che ci ha riempito la testa di chiacchiere, che ci ha illuso con sogni di gloria e di grandezza, che ci fa trattare come bestie in mano dell’alleato.

È facile fare gli idealisti quando si ha la pancia piena e tutti i comodi. Vorrei vederli qua coloro che nella Italia di Mussolini parlano e sbraitano contro i borghesi; qua ove si vive solo per il minestrone di rape e per un tozzo di pane fatto con chissà quale farina.

I testi

La guerra dei disarmati. Diario di un ufficiale italiano 8 settembre 1943 – 8 maggio 1945”
Il saluto del Presidente Sergio Mattarella per la prima Giornata degli Internati italiani nei campi di concentramento tedeschi durante la seconda Guerra mondiale.

In copertina

La foto del giovane ufficiale Albino Bellon scelta per la copertina del suo diario.

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